La redazione di FootballScouting ha intervistato in esclusiva Filippo Cardelli, difensore classe ’98 salito alla ribalta recentemente per delle dichiarazioni forti contro il sistema calcio in Italia. Ecco il contenuto integrale.

Ciao Filippo, chi o cosa ti ha spinto ad una decisione drastica ma al contempo unica nel suo genere? Da chi sei stato più deluso?

Sono una persona sincera che non ha peli sulla lingua ma non mi piace fare nomi. È tutto il calcio italiano che mi ha fatto perdere l’amore verso lo sport che adoro sin da bambino. Situazioni, momenti, attimi differenti che mi hanno costretto alla scelta di andarmene via. Non ce la facevo più.

Potendo tornare indietro, faresti le stesse scelte o cambieresti qualcosa?

Non cambierei una virgola perché ero e rimango convinto che ogni decisione l’ho presa per il mio bene. Non so cosa riserverà il futuro ma non ho voglia di guardarmi indietro. Magari certe scelte le eviterei ma si tratta di cose estemporanee.

Il tuo futuro però sarà in USA: come ti vedi da qui a 5 anni?

Io penso al presente e mi aspetta un anno duro dal punto di vista scolastico perché mi attende la maturità (ride,ndr). Guardando più in là, tra 5 anni dovrei aver finito l’Università. Il sistema scolastico americano è differente rispetto al nostro, differente non con accezione negativa, anzi. Il primo anno di Uni sarà molto orientativo, poi il triennio successivo sarà più impegnativo ma anche più chiaro. Mi piacerebbe essere già sistemato dal punto di vista lavorativo, che sia calcio o altro. Il mio sogno sarebbe la MLS ma dovrò meritarmela, nessuno ti regala nulla.

Qualora non riuscissi a sfondare nel mondo del calcio, quale sarebbe il tuo piano B?

Sinceramente non ci ho ancora pensato. Da piccolo, quando si rispondeva alla domanda “cosa vuoi fare da grande?” io rispondevo “il calciatore”. Passano gli anni ma il mio sogno resta intatto anche se in Italia stavano per farmelo svanire. Per questo motivo ho scelto di migrare, il calcio italiano ormai non fa più per me.

Un anno di stop, a questi livelli ed a quest’età, è la scelta giusta secondo te?

Ovviamente non sarà un anno di stop totale. Certo, mi mancherà il ritmo partita perché gli allenamenti non basteranno però sarà un’annata fondamentale dal punto di vista formativo. Penserò alla maturità ma farò anche corsi di inglese per rendere meno traumatico l’approdo negli States. “Mollo” un po’ il calcio e mi concentro su cose che ho trascurato finora come famiglia, amici.

La scelta, quindi, è irreversibile?

Assolutamente sì. Dopo aver lasciato la Lazio ho ricevuto molte chiamate da dirigenti e società che mi promettevano spazio, possibilità di giocare, tutele, progetti e così via. Ho ringraziato e rifiutato tutti, ormai la decisione che ho preso mi fa stare bene. Non è la Lazio il problema, come magari viene lasciato trasparire da più parti. È l’intero sistema che fa acqua da tutte le parti, le società forse non capiscono o non vogliono capire.

In sostanza, la tua denuncia poggia su questo assunto: a parità di anno, ad es. 15/16, tra un italiano ed uno straniero la stragrande maggioranza delle volte si preferisce il secondo. Secondo te, quale fattore influisce maggiormente nella scelta? 

Non si può negare che la risposta stia nei soldi. Ormai c’è un circolo vizioso per cui i procuratori intendono allargare il proprio bacino d’utenza andando a pescare giovani ‘talenti’ da tutto il mondo. Dopo di che, il giocatore X viene catapultato in un mondo per lui estraneo e lanciato in campo subito senza un minimo di approccio. Poi magari spunta un fenomeno e, allora, chapeau. Però la maggior parte delle volte non è così. Io davvero non capisco perché non si possa fare una squadra Primavera di soli italiani: costano meno, si evita il vitto, alloggio e contratti importanti. Quando la cosa non ha un senso logico, allora dietro c’è un ritorno dettato da altri fattori. Con questo non voglio chiudere le barriere agli stranieri però ci deve essere tutela anche per gli azzurri. Se mi permetti voglio anche ringraziare il mio agente, Diego Tavano, che ha approvato la mia scelta. Altri procuratori mi avrebbero forzato a rimanere in Italia per guadagnare di più.

Pensi che uno dei problemi sia anche legato allo scouting in Italia?

Certamente, gli scouter fanno un lavoro importante ma i risultati, poi, sono sotto gli occhi di tutti a livello di prima squadra. Non è possibile che negli ultimi anni non si passi il turno dei preliminari di Champions e che solo la Juventus sia ad un livello alto. I problemi partono dal basso, dai settori giovanili e poi si riversano nella prima squadra. 

Osservando in casa Lazio, si nota la presenza di Lombardi (gol all’esordio in Serie A), Cataldi e ora anche Murgia. Pensi siano casi isolati?

Non lo so. So però che non sarà facile per loro trovare spazio quest’anno. Sarei contentissimo per loro ma ne dubito. Certo è che quasi tutte le società italiane hanno casi isolati di giovani italiani e questo si vede anche in Nazionale. L’unica eccezione è il Sassuolo che ha una rosa di 22 italiani e 3 stranieri che danno quel quid in più. E difatti i risultati si vedono, salvezza facile il primo anno, annata importante la seconda e poi Europa League per una realtà sulla carta media. Il frutto di un lavoro del settore giovanile: chissà che orgoglio per Squinzi!

Guardando al passato, qual è il momento più bello della tua carriera calcistica?

Questo. L’aver ricevuto migliaia di messaggi da colleghi che la pensano come me e che magari grazie a me ‘denunceranno’ anche loro il sistema calcio italiano. L’affetto della gente, magari che non ti conosce nemmeno ma che ti capisce di primo istinto, regala una sensazione impagabile. Tornando al campo di calcio, il top della mia carriera è senza dubbio la vittoria per 4-1 contro la Roma quando indossavo la maglia del FutbolClub con Baronio allenatore. Eravamo dilettanti ma battemmo la Roma. Impagabile.

Due curiosità: chi è il tuo modello e quale avversario affrontato in questi anni pensi farà più strada.

A 8 anni ho visto il Mondiale in Germania. Impossibile non dire che Cannavaro fu monumentale. M piaceva da matti pure Nesta, laziale e biancoceleste pure lui. L’avversario che mi ha messo più in difficoltà è stato Tumminello della Roma, imprendibile. Ovviamente lo si ricorda per la testata all’arbitro ma è un grande attaccante, secondo me farà strada e si imporrà nei prossimi anni.

Ultima domanda di questa infinita intervista: il tuo messaggio è forte e chiaro. Cosa ti aspetti da questa vicenda? Certamente non può e non deve finire qui…

Mi piacerebbe che si creasse un’inchiesta, non giudiziaria spero, (ride ndr) a più ampio raggio. Ci sono 100 storie diverse di altri ragazzi ‘abbandonati’ dalle società al loro destino, giovani illusi di poter essere calciatori e lasciati per strada così di punto in bianco. Se le società non cambiano atteggiamento, allora dovrebbero esserci provvedimenti dai piani alti. Io il mio passo l’ho fatto, aspettiamo di vedere reazioni. Ne dubito però. Mi ha fatto piacere parlarne ancora ma vorrei che non rimanessero parole vane.