Quello del preparatore atletico è un ruolo molto delicato che si trova in raccordo fra il settore puramente tecnico-tattico e quello più specificatamente fisico; molto spesso questa figura, che risulta decisiva nelle fortune di una squadra proprio per il costante lavoro di collaborazione con l’allenatore e per il contatto diretto con i giocatori, viene facilmente bistrattata nel caso di periodi di risultati non ottimali o nel caso di eccesso di infortuni pur senza avere un’adeguata mole di dati a supporto di tali attacchi.

Proprio per fare luce sugli aspetti principali del lavoro sul campo operato dai preparatori parliamo con Francesco Veltri, giovane direttore dell’omonimo laboratorio di preparazione fisica per lo sport e per l’esercizio fisico, laureato in “Scienze e Tecniche dello sport” presso l’università Tor Vergata di Roma e con collaborazioni con numerose realtà del nostro calcio quali Cisco Roma, Lamezia Terme e Rende, oltre che con diversi atleti del mondo dello sport.

Per chi è poco informato, cosa vuol dire il termine “preparatore atletico”?

Negli ultimi dieci anni il lavoro ed il ruolo del preparatore è cambiato. Innanzitutto il termine “preparatore atletico” in Italia deriva dal fatto che negli anni 70 questa professione fu introdotta da professionisti provenienti dal mondo dell’atletica e per molti anni questa figura è rimasta legata a quel mondo visto che i professionisti che erano preposti alla fase preparatoria alla stagione venivano da quel settore. Adesso si è cominciato a comprendere che il “preparatore fisico” specializzato nel calcio o più correttamente di “allenatore fisico” all’interno dello staff tecnico è una figura che ricopre all’interno dello staff dell’allenatore il ruolo di valutazione della componente fisica all’interno della partita e delle esercitazioni tecnico-tattiche”.

In cosa consiste il suo lavoro?

“A seconda del modello di esercitazione, proposto durante un allenamento, può andare a stimare la componente metabolica utilizzata, ad esempio se si lavora in un quattro contro quattro in venti metri quadrato di campo ci sarà un dispendio energetico e neuromuscolare completamente differente rispetto al fatto di utilizzare un’intera metà campo, inoltre all’interno dello staff si occupa degli esercizi di tipo preventivo, della parte finale della riabilitazione fisico-sportiva, la valutazione delle energie spese che rappresentano il “peso” delle esercitazioni, la valutazione delle caratteristiche cinematiche, date da strumenti quali il GPS e il cardiofrequenzimetro, che permettono di definire il lavoro migliore da far svolgere ad un calciatore attraverso anche la distribuzione dei carichi durante la settimana”.

Spesso c’è chi vi addebita tutte le responsabilità degli infortuni dei calciatori, qual è la vostra posizione in merito?

Purtroppo alcuni addetti sono poco preparati dal punto di vista sia tecnico che della metodologia specifica, cosa che ritengo normalissima, però poi l’andare a criminalizzare il lavoro altrui non conoscendo la realtà del campo è fuori luogo, specie quando i dati internazionali dimostrano che la media degli infortuni in Italia è inferiore a quella europea; un controsenso spaventoso“.

Perché questo accanimento secondo te?

“Si è data spesso molto importanza alla preparazione che si faceva nella fase pre-campionato ed è da lì che nasce un grosso fraintendimento come “scusante” per un andamento non ottimale della stagione o di un infortunio. Capita spesso infatti che i primi ad essere messi alla berlina in queste situazioni siano i preparatori mentre in realtà ci sarebbe da fare una grossa distinzione tra i traumi diretti, ed intendo un contrasto casuale in cui qualcuno si fa male (come un calcio subito per capirsi), e quelli indiretti, dovuti a un problema di tipo muscolare (come quando facendo un’accelerazione il calciatore si causa una lesione di un muscolo posteriore della gamba o come succede a causa di un cambio di direzione in cui va a procurarsi una distorsione). Nel primo caso, vista la natura casuale, i preparatori non possono essere considerati i responsabili, mentre nel secondo, tipico di giocatori affaticati, il preparatore deve interagire con l’allenatore nel proporre esercitazioni adeguate durante la settimana per modulare il carico di lavoro ed evitare affaticamenti agli atleti o migliorare la coordinazione nei gesti del giocatore stesso”.

In che modo può essere prevenuto un infortunio di un giocatore?

Più il lavoro durante la settimana è specifico e ben distribuito minore è la possibilità di infortuni, in quanto si porta il calciatore in una condizione psico-fisica nella quale è inferiore tale possibilità. Inoltre molto importante è l’intelligenza calcistica che un giocatore mette in campo (come nel caso di un buon centrocampista e attualmente gli spagnoli sono maestri) perché permette di diminuire la spesa neuro-muscolare, visto che se si ha la capacità di leggere prima l’azione e ci si posiziona in modo corretto si avrà un risparmio in energia”.

Qual è la fase più delicata nella preparazione alla stagione di un calciatore?

“Nel calcio grande importanza riveste il lavoro che si fa in settimana perché innanzittuto si fa un’analisi della gara precedente quindi, grazie alla collaborazione dello staff, cominci a lavorare sulla gara della domenica successiva, se non quella infrasettimanale, regolando la preparazione in base alla partita successiva, per cui il momento più critico è rappresentato dalla settimana stessa più che dalla fase pre-campionato in cui si ha un’introduzione didattica al lavoro che verrà poi svolto durante l’anno”.

Quant’è vera la storia del “non ho potuto lavorare durante la settimana” dal punto di vista fisico?

In parte è vera perché se si rapporta il lavoro della settimana che si faceva qualche anno fa, in cui anche il numero delle gare era inferiore, a quello di oggi il tempo è nettamente inferiore. Detto questo però bisogna vivere il presente per cui si deve programmare in base al tempo a disposizione”.

E invece il periodo critico per i traumi indiretti?

Non esiste un periodo di elezione per i traumi indiretti in quanto tale infortunio può avvenire per diversi fattori come la fatica, una frenata violenta durante la corsa, un terreno scivoloso, un cambio di direzione errato”.

Mi puoi dire di più sullo studio UEFA relativo a infortuni e dinamiche di recupero?

E’ un report che viene compilato dai medici delle squadre che partecipano alle manifestazioni internazionali ed in cui vengono analizzate informazioni relative alle possibilità di infortunio e recupero. Attualmente questi dati sono numerosi ma per quanto riguarda la loro oggettivazione c’è tanto da fare tuttavia ad oggi vengono analizzati come cause principali dati intrinseci al calcio, e quindi intensità sempre più elevate (chiaro esempio il pressing portato nel calcio moderno), aumento dei periodi agonistici senza possibilità di recupero, caratteristiche dei terreni di gioco, allenamenti di elevata intensità e volume senza un criterio corretto nell’aumento del carico, e dati intrinseci al calciatore, comprendenti alterazioni anatomiche biomeccaniche (ginocchio varo, arto più lungo), squilibri muscolari, coordinazione deficitaria nei movimenti specifici”.

Quali sono i dati principali da seguire nel calcio?

“Gli indici su cui lavoriamo di più sono quelli che ci forniscono apparecchiature quali il GPS o la video-analisi, quelli relativi ai cambi di direzione, alle accelerazioni e decelerazioni massimali anche se il dato più innovativo, che viene analizzato sin dalla sua invenzione nel 2005 da parte del grande fisiologo Pier Enrico Di Prampero, è quello della potenza metabolica, cioè l’energia spesa per unità di tempo o meglio ancora il prodotto tra il costo energetico (dipendente dall’accelerazione) e la velocità. Il costo energetico dell’accelerazione è molto più dispendioso della corsa costante perché il soggetto deve spendere energia anche per aumentare la propria energia cinetica. Il professor Roberto Colli, metodologo dell’allenamento, tra i più importanti in Italia, ha poi reso fruibile questi dati tramite un programma che mette in relazione i dati provenienti dal Gps, con le formule per il calcolo della potenza metabolica, introducendo altre variabili che ci aiutano a descrivere meglio le prestazione del calciatore”.

Spiegaci meglio questo indice. Come viene misurato e quali sono i vantaggi rispetto ad altri parametri metabolici?

Rispetto ad altri parametri come la temperatura corporea, la frequenza cardiaca, la lattacidemia o il consumo di ossigeno, la potenza metabolica sintetizza in pieno il concetto di alta intensità nel calcio in quanto prende in considerazione l’impegno metabolico richiesto da alte velocità ma soprattutto dei valori di accelerazioni elevati anche quando la velocità è bassa. Per anni sono stati usati i cardiofrequenzimetri per valutare l’alta intensità e l’impegno fisico nel calcio, tuttavia, pur avendo ancora una certa importanza, bisogna considerare che questi sono abbastanza imprecisi perché il cuore non è in grado di rispondere instantaneamente alle accelerazioni, decelerazioni e ai recuperi; basti pensare che il cuore risponde in ritardo di una decina di secondi ad uno sforzo intenso e poi nel recupero non ritorna mai ai valori precedenti, oltre al fatto che il suo valore è parecchio influenzato dallo stato emotivo del calciatore. Non è possibile quindi leggere la partita dove abbiamo 1300 tra accelerazioni e decelerazioni in 90’. Altro sistema importante è stato quello dell’analisi delle alte velocità che però escludeva il forte impegno delle accelerazioni a basse velocità. La potenza metabolica nel calcio è stata inizialmente misurata tramite la video match analisi a 25Hz, che consente di individuare velocità e accelerazione, tuttavia dato l’elevato costo, il sistema attualmente più utilizzato è il Gps”.

Come si può mettere in contatto i preparatori e gli addetti ai lavori per evitare incomprensioni?

Secondo me alla base c’è la necessità di parlare con i singoli preparatori, con gli allenatori, che con loro collaborano tutta la settimana, in modo da avere un’idea di come avviene il lavoro fisico. Ritengo che la collaborazione è la cooperazione tra i nostri due settori siano fondamentali per evitare qualsiasi forma di incomprensione”.