Abbiamo incontrato, in esclusiva per FootballScouting.it, l’allenatore dei pulcini A dell’Accademia Inter Gabriele Passalacqua. L’Accademia Inter è uno delle società più interessanti nell’ambito del calcio giovanile a livello nazionale: negli ultimi 10 anni, infatti, la società milanese si è contraddistinta con la vittoria di 2 campionati italiani, 5 campionati regionali, 2 coppe Lombardia e una Gothia Cup, 23 anni dopo l’ultimo successo italiano. Una società che fa dello sviluppo del giovane calciatore il suo punto forte, uno sviluppo che nasce obbligatoriamente dai primi calci, dove i piccoli calciatori vengono seguiti ed allenati da preparatori molto competenti, proprio come Gabriele Passalacqua. Gabriele, giovanissimo considerando che è nato nel 1987, è anche proprietario di un sito che vuole essere un riferimento per gli allenatori di ogni categoria: http://gcoach.blogspot.it/ . Ci siamo seduti a parlare proprio con Gabriele, cercando di capire meglio quali sono le caretteristiche che deve avere, oggi, un allenatore di futuri giovani campioni.

Ciao Gabriele, innanzitutto grazie per la disponibilità a partecipare a questa intervista: come prima cosa non posso che farti i complimenti per il tuo curriculum. Nonostante la tua giovanissima età (sei nato nel 1987) hai già accumulato una consistente esperienza tra categorie pulcini ed esordienti. Della tua carriera (iniziata nel 2006/07) quale è il momento che ricordi maggiormente?

A dir la verità non ho nessun ricordo in particolare; diciamo che per ogni stagione passata porto con me un aneddoto che serve ad arricchire il mio bagaglio.

Hai qualche certificazione particolare (titolo di studio, certificazioni uefa, …) per quanto riguarda la mansione di allenatore?

Si, ho ottenuto nel Luglio 2012 la laurea in Scienze Motorie e attualmente sto svolgendo il corso “Inter Youth Coach Master”. Nei prossimi mesi/anni cercherò di prendere il patentino di allenatore Uefa B e Uefa C “giovani calciatori.

Ritieni sia più importante la certificazione ottenuta o l’esperienza acquisita per lo svolgere dell’attività di allenatore in un settore giovanile?

Penso che serva sia la certificazione e sia l’esperienza sul campo, le due cose devono andare a braccetto. Un allenatore può avere tutte le certificazioni possibili ed immaginabili ma è sul campo che ti fortifichi come allenatore/istruttore. E’ anche vero però che solo con le esperienze sul campo, senza nessun certificato e senza nessun corso d’aggiornamento, non si raggiungerà mai una completezza. Bisogna trovare il giusto mix delle due cose.

Guardando il tuo curriculum sicuramente la società più importante per cui hai collaborato (e con cui stai collaborando ancora oggi) è l’Accademia Inter: come stai vivendo questa esperienza?

Esperienza a dir poco fantastica, una società molto seria che crede molto nei giovani. Ho incontrato e incontro tutt’ora istruttori molto validi con cui confrontarmi ogni giorno. Non si può chiedere di meglio!

Quale è il tuo obiettivo da qui a 10 anni?

L’obiettivo sarebbe quello di far diventare questa passione la mia principale professione.

Solitamente la maturazione di giocatore avviene in età pre-adolescenziale, dando spesso visibilità ed importanza agli allenatori di quelle categorie, penalizzando spesso chi prima di loro ha lavorato bene su giocatore stesso. Come vivi questa realtà? Ritieni di averla vissuta anche tu nelle diverse esperienze della tua carriera?

Si capita molto spesso. Gli allenatori del settore giovanile fanno un lavoro oscuro, ma penso che l’obiettivo principale non sia quello di pavoneggiarsi per i giocatori che hanno compiuto una grande maturazione nelle categorie agonistiche o esser invidioso per chi raccoglie i frutti del tuo lavoro. Credo che principalmente un allenatore del settore giovanile debba esser soddisfatto di aver dato un bagaglio completo ad ogni giocatore per far si che esso possa esprimersi al meglio nella maturazione.

Quanto è difficile il rapporto con i genitori in squadra di giovani calciatori come quelle che allenato tu fino ad oggi?

Il rapporto con i genitori è un aspetto molto delicato. Nella testa di troppi genitori gira la frase “Mio figlio è un fenomeno”. Ci si dimentica che un genitore porta principalmente il proprio figlio a giocar a calcio per far si che esso si diverta ed impari questo sport.

Ci racconti un aneddoto della tua carriera che ricordi con particolare piacere?

L’aneddoto che ricordo con particolare piacere sicuramente è quello che ho vissuto durante una finale di un torneo amatoriale di pulcini. Allenavo in una realtà ben diversa dall’Accademia, la qualità dei miei ragazzi variava molto ma nonostante tutto ho sempre portato tutti i miei giocatori alle partite (come giusto che sia), stessa cosa feci in quella finale. La partita era sullo 0-0 ed era passato già il primo tempo; quindi, per scelta mia, chi era in panchina doveva entrare in campo (anche se il regolamento non lo obbligava). In campo entrò quindi anche un bambino con un’obesità importante nonostante genitori e compagni di squadra storcevano il naso. E chi fece l’unico goal della partita? Non dimenticherò mai l’abbraccio che mi diede e la gioia che vedetti sul suo volto.

Per concludere, quale suggerimento dai a chi, alla sua prima esperienza, vuole approcciare il mondo dei primi calci/pulcini/esordienti come allenatore?

Credo che il consiglio migliore per chi voglia iniziare questa esperienza sia aggiornarsi sempre, confrontarsi il più possibile e non smettere mai di imparare.