Quest’oggi FootballScouting.it ha raggiunto telefonicamente Mirco Petrella, jolly di questo Teramo che, dopo un’inizio difficile, condivide il secondo posto a pari merito con il Pisa, a sole due lunghezze dall’Ascoli capolista.

 

Mirco, ripercorriamo brevemente le tappe della tua carriera calcistica dalle giovanili ad oggi.

-Ho iniziato a giocare a calcio nella Virtus Pratola, la squadra del mio Paese, a quel tempo affiliata con il Perugia. A 11 anni fui notato da alcuni osservatori che mi portarono al Pescara. Lì ho giocato sette anni, dagli Esordienti B fino alla Primavera, senza però esordire in prima squadra. Sette anni bellissimi ma pieni di sacrifici, soprattutto i primi tre in quanto ero costretto a viaggiare tutti i giorni.

Sei passato a Teramo, inizialmente in prestito, nella stagione 2011/2012, la stessa dell’arrivo a Pescara di Zeman. Forse un peccato perché per le tue caratteristiche migliori, il dribbling e la rapidità, avresti potuto rappresentare un profilo adatto al suo gioco. Eri stato aggregato in prima squadra?

-No, quell’anno iniziai direttamente la preparazione al Teramo. Il mio trasferimento era stato già definito per volontà di Marcello Di Giuseppe, ancora oggi nostro Direttore Sportivo, il quale mi seguiva da tempo nelle partite della Primavera.

Pescara che hai comunque ritrovato da avversario nelle puntuali amichevoli di ogni estate. In una di queste, quella del 3 Agosto scorso, hai trovato il gol. Che sensazione hai provato nel segnare un gol alla tua ex squadra?

-È stata una grandissima emozione, un mix di rabbia e gioia. Penso di non aver mai esultato in quel modo. Al Pescara devo tanto per la formazione calcistica che mi ha dato, così come devo tanto al Teramo per avermi permesso di affacciarmi nel calcio professionistico. Quel gol rappresenta una rivincita.

Sono sicuro che ritroverai il Pescara da avversario, sicuramente in amichevole la prossima estate, ma a guadare la classifica non è fantascienza immaginare uno scontro in Serie B il prossimo anno. Il presidente Campitelli non si sbilancia e dice che l’obiettivo della stagione è fare 45/47 punti anche se, ad un turno dalla fine del girone d’andata, siete già a 32. Qual è l’aria che tira nello spogliatoio anche alla luce dell’arrivo di Luca Di Matteo?

-Il presidente fa bene a non sbilanciarsi perché ad inizio stagione siamo partiti con l’obiettivo di salvarci. Poi sono venuti fuori un grande gruppo e delle grandi individualità, soprattutto in avanti, mantenendo sempre grande umiltà. A parte Bucchi, Speranza, Scipioni e Fiore siamo tutti giovani ventenni pronti a mettersi a disposizione del mister e ad imparare da ogni errore. Pisa e Ascoli forse sulla carta hanno un organico migliore del nostro, ma se manteniamo questa mentalità possiamo prenderci belle soddisfazioni. Per quanto riguarda Luca Di Matteo, stiamo parlando di un giocatore che non ha bisogno di presentazioni, di categoria e di sicura affidabilità. Dirà la sua.

Cosa ci dici in merito al cambio in panchina da Cappellacci a Vivarini. Come sono cambiati gioco e tua collocazione in campo?

-Cappellacci e Vivarini sono due tecnici completamente diversi. Il 4-3-3 di Cappellacci sono sarà spregiudicato come quello di Zeman ma ha comunque una certa propensione offensiva. Diciamo che per la mia storica collocazione tattica non ho avuto particolari difficoltà di adattamento. Sono un mancino puro quindi rivestivo il ruolo di ala destra con estrema naturalezza e con meno preoccupazioni difensive. Vivarini, invece, lo scorso anno è partito con un 4-4-1-1 in cui giocavo da esterno di centrocampo mentre quest’anno ci fa giocare con un 3-5-2 che diventa un 5-3-2. In questo modulo sono un jolly, posso partire anche da interno di centrocampo e ritrovarmi, a gara in corso, terzino sinistro o seconda punta.

In una passata intervista hai dichiarato che il tuo punto debole è la statura di soli 165 cm. Alla luce dei risultati ottenuti in tre anni, il passaggio dalla Serie D alla Lega Pro e il bellissimo gol di settimana scorsa contro il Pontedera, tutto rapidità, potenza e dribbling, dobbiamo dire che la statura resta esclusivamente un’annotazione sulla carta d’identità?

-Quando cambi categoria l’aspetto principale da curare è il ritmo. Bisogna migliorare innanzitutto nella tenuta atletica, il resto viene da sé. Poi per quanto riguarda la mia altezza è vero che non mi permette di dare una mano sulle palle alte in mezzo al campo ed è proprio questo il motivo per cui cerco di lavorare sui miei punti di forza come la rapidità e l’uno contro uno. E quando qualcuno, come te in questo caso, apprezza una mia giocata non può che darmi grande soddisfazione.

Siamo sicuri che vedremo tante di queste giocate in futuro, magari in una categoria superiore, che sia con il Teramo o con un altro club. Noi di Footballscouting.it per il momento ti ringraziamo e speriamo di riaverti come ospite in futuro. Ad maiora.

-Grazie a voi per l’interesse che avete mostrato. Alla prossima.

 

 

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