Il calcio è più spettacolo che sport e non è più quello di una volta. Dicono molti, probabilmente senza concepire che i tempi sono cambiati.
Eppure in campo ci sono sempre undici ragazzi con l’obiettivo di sudare e ottenere soddisfazioni dal loro lavoro.
A volte anche i critici più accaniti si inteneriscono di fronte a storie da Libro Cuore.
Oggi vi vogliamo parlare di una storia bellissima.
Il soggetto di cui tratteremo è Alessandro Di Cerchio, esterno offensivo classe 1998 in forza alla squadra degli Allievi Nazionali del Pescara.
Ragazzo di talento e molto cortese fuori dal campo, un brutto infortunio (frattura alla tibia) aveva rischiato diversi mesi fa di metterlo fuori gioco per sempre dal calcio.
Una dinamica dell’infortunio peraltro incredibile, come egli stesso ci racconterà durante l’intervista.
Ora è tornato in campo e vuole dare un contributo importante alla squadra, che ha grandi ambizioni etende sempre a migliorarsi.
Nonostante la discreta classifica, leggerete che Alessandro non è soddisfatto dello stato attuale delle cose, segno evidente di una voglia di non accontentarsi e migliorare a tutto tondo.

Ciao Alessandro  parlaci di te come calciatore e come ragazzo.

Ciao a tutti, sono Alessandro Di Cerchio, ho 16 anni e gioco negli allievi nazionali del Pescara Calcio. Sono un ragazzo normale, come tanti, con una grande passione e con un sogno da inseguire. Come calciatore do sempre il massimo, faccio sacrifici e aiuto i compagni.

Come sta andando questo avvio di stagione con gli Allievi Nazionali?

Questo avvio di stagione non è stato dei migliori, sia dal punto di vista del gruppo che da quello personale. Dopo il lungo stop non ho ancora ripreso il top della forma e sto lavorando duro per riprendere la condizione.

Hai superato un infortunio pazzesco, parlaci un po’ di questa terribile esperienza?

Il pomeriggio del 12 novembre 2013, scivolando sul terreno bagnato mi sono procurato una frattura scomposta della tibia, frattura dell’osso della crescita, distacco epifisale e vari traumi alla caviglia. La fortuna ha voluto che quel giorno a bordo campo ci fosse il Dottor Berloco, ortopedico, facente parte dell’equipe del prof. Salini, quest’ultimo primario della clinica universitaria di Chieti. Sul campo stesso mi ha ricomposto la frattura, evitando così numerose complicazioni e allertando immediatamente l’ospedale. Al mio arrivo al pronto soccorso è stata fatta la prima diagnosi, come spiegato precedentemente, e i medici purtroppo dissero ai miei genitori che al 98% sarei rimasto claudicante e non avrei più potuto giocare a calcio. Dopo mesi di riabilitazione, a sorpresa di tutti, sono tornato a giocare, a dimostrazione che con la voglia si compiono imprese incredibili.

I dottori ti hanno detto che avresti potuto non farcela, hai mai avuto questa sensazione?

Mai, ero cosciente del rischio, ma sono sempre stato convinto che sarei tornato a giocare. Ero determinato.

Chi è il tuo idolo come calciatore?

Il mio idolo è Francesco Totti. Sa sempre cosa fare e prende sempre la giusta decisione. Un leader nella Roma, tutte le giocate vincenti partono dai suoi piedi.

Cosa pensi del momento difficile del Pescara in serie B?

Il Pescara sta vivendo un momento difficile, tutte le squadre ne hanno avuti. È una squadra che ha grande qualità in campo e che a volte esprime un buon gioco. In questi momenti bisogna stare sereni e pensare al futuro, al duro lavoro per migliorare e uscire da questa situazione.

Che obiettivi speri di raggiungere in futuro?

Il mio obiettivo è terminare gli studi nel miglior modo possibile e continuare a giocare a calcio per poter, un giorno, esordire in prima squadra.

Saluta e ringrazia chi vuoi

In primis voglio ringraziare la mia famiglia che mi è stata accanto e mi ha seguito nei momenti difficili; il direttore del settore giovanile Antonio Di Battista che, nel giorno dell’infortunio, mi è stato vicino fino a mezzanotte inoltrata in ospedale; il Dottor Berloco che a bordo campo mi ha ridotto la frattura evitando complicazioni; il professor Salini per la meticolosità con cui mi ha operato e seguito nei mesi successivi all’intervento; lo staff sanitario dell’ospedale civile di Chieti che si è preso cura di me nella mia permanenza in ospedale.

Molti parlano del calcio come un ambiente non sano, ma non credi che sia semplicemente un problema che riguarda un po’ tutti i settori lavorativi in Italia e non solo?

Sicuramente il calcio non è uno degli ambienti più sani, ma non è l’unico. Oramai, soprattutto in Italia, si pensa solo ai propri interessi. Non esiste più meritocrazia, si va avanti tramite conoscenze, raccomandazioni e via discorrendo, causando così un basso rendimento  della società

Parlaci di come come è strutturata la tua giornata tipo.

Mi alzo alle 6, prendo l’autobus alle 7 e mi dirigo a scuola. Alle 13.50 esco di scuola, mangio un panino e vado a fare allenamento in autobus. Alle 6, finito l’allenamento, torno a casa e mi dedico allo studio.
Avete l’obiettivo di fare una buona annata e ci state riuscendo. Eppure parlandoti si capisce che volete puntare ancora più in alto, è così?

Senza dubbio! Abbiamo le potenzialità per fare bene e vogliamo sfruttarle tutte. Se c’è una cosa che ho imparato giocando a calcio è che non bisogna mai accontentarsi.
Nei giorni successivi alla realizzazione dell’intervista Alessandro è stato aggregato alla prima squadra (nell’allenamento di domenica mattina).
Un traguardo che lo avrà certamente reso fiero e felice.
La strada è lunga e complicatissima senza dubbio, ma Alessandro proverà a dare tutto  per issarsi più in alto possibile.
Non si parla di un fenomeno, ma di un ragazzo che spesso non giocava lo scorso anno, eppure è un giovane calciatore con buone qualità. Il resto lo vedremo…..