Lavoro duro batte talento se il talento non lavora duro“.

Abbiamo sentito tante volte questa frase, ed è proprio così.

Ci sono dei calciatori a cui è stato fatto un dono, è stato regalato un talento speciale, che incanalato e allenato nella maniera giusta, li avrebbe portati sul tetto del mondo.

E’ proprio questo il problema ed è proprio questo quello che è successo a Ravel Morrison.

Ravel Morrison, trequartista inglese classe 1993, è da sempre considerato un predestinato.

Nell’Academy del Manchester United era visto da tutti come la “next big thing” del vivaio dei Red Devils, tanto che un certo Sir Alex Ferguson lo definì: “uno dei più grandi talenti che ho visto, più forte anche di Pogba (che giocava nei Diavoli Rossi con Morrison)”.

Passa poi al West Ham e Morrison si conquista anche un pezzo di Premier League.

Gioca con regolarità e anche gli Hammers di Sam Allardyce sono convinti di aver trovato quel giocatore che li farà tornare ad alti livelli.

Non avevano fatto i conti con il caratteraccio da Bad Boy del ragazzo, unito a qualche grana contrattuale.

Lo stesso caratteraccio rovina Morrison nella parentesi al Qpr.

La stampa inizia a vedere e giudicare Ravel Morrison come l’ennesimo talento sprecato, l’ennesimo talento che non lavora duro.

Ravel decide allora di tentare l’avventura all’estero, alla Lazio in Italia. Dopo tutto ha ancora 22 anni e un talento immenso che aspetta solo di poter brillare.

Le prime amichevoli estive mostrano un Morrison scatenato e concentrato sul progetto Lazio, ma poi i soliti problemi sul piano caratteriale.

Ci sono i tweet scomodi verso Stefano Pioli, la svogliatezza del ragazzo in allenamento a Formello e le fughe in Inghilterra. Stamattina l’ennesima, per problemi di natura familiare, senza l’autorizzazione della Lazio (fuga che stavolta potrebbe costare cara al ragazzo già escluso dalla partita col Dnipro…).

Probabilmente anche quella di Roma è una parentesi chiusa per Ravel Morrison che si ritrova a 23 anni con il solito grande talento tra i piedi e nessuno disposto a dargli più fiducia. Che peccato Ravel