Devo ammetterlo: ho amato un vero Mago del pallone.
Sono stufo di questi “campioni” chiamati così solo per una stagione buona, dopo la quale vengono puntualmente riempiti di elogi e soldi, ma che in realtà sono solo buoni giocatori, non superiori a tanti altri.I loro cartellini vengono gonfiati, anche oltre il loro merito.
Per questo che vorrei iniziare una rubrica nuova, chiamata “L’altro campione”: racconterò di campioni veri, del passato e del presente, la cui unica sfortuna è stata quella di non avere battage pubblicitari all’altezza, stampa perennemente a favore, telecronisti isterici dalla loro parte.
No, ci sono carriere che hanno vissuto o vivono di certezze,ma pure di enorme sottovalutazione, per tanti motivi.
Non voglio però fare una nuda cronaca di dati e carriere: non sono un giornalista sportivo. Vorrei lanciare un’immagine, un ricordo, un sentimento, sperando che questi atleti vengano riconosciuti per quello che sono: veri fuoriclasse, da riscoprire o da conoscere per la prima volta.
Il nostro viaggio comincia in Finlandia, una terra strana.
Questa è una terra che ha prodotto poemi, musicisti e scrittori, e nel calcio, con queste premesse, poteva far nascere solo un artista del pallone, un numero 10. Un vero Mago del pallone.
Il suo nome era Jari Litmanen, e ha legato il suo nome al grande Ajax degli anni Novanta, l’ultimo vincente in Europa (ma chissà, forse ora, con i ragazzi terribili di Peter Bosz, il vento della vittoria tornerà da quelle parti): Kluivert, Davids, Seedorf, Kanu, Louis Van Gaal. Non c’è da aggiungere altro, credo.
Tocco di palla felpato, senso del gol, dal 1992 al 1999 Jari fece innamorare l’Amsterdam Arena con 91 gol, assist, magie, e notevole simpatia: quelli erano anni difficili, per i numeri 10, perchè, dopo Sacchi, non si sapeva che farsene dell’estro innato, che spesso veniva dirottato sulla fascia… o in panchina.
Jari, il Mago di Finlandia, fu uno di quelli che tenne alta la bandiera dei numeri 10 di allora – è contemporaneo di Baggio e Zola – che nacquero in un’epoca in cui il talento veniva spesso visto come destabilizzante; ma l’Ajax, oltre ad essere una grande fucina di talenti, amava i 10 e Jari poté spaziare, libero e felice.
Mi innamorai di lui una sera del 1994, quando infilò la difesa del Milan – 2-0 il risultato finale – con una gran botta nell’angolo alla sinistra di Sebastiano Rossi, dopo uno stop divino in area di rigore: quello era il Milan di Capello, ma lui non ci fece troppo caso e li fulminò tutti quanti.
L’Ajax avrebbe poi vinto la Champions ,ma quel trionfo iniziò da lì, dalla magia sgorgante dai piedi del Mago Finlandese, che avrebbe indossato anche le maglie di Barcellona e Liverpool: da tifoso dei Reds, posso dire che averlo per una sola e indimenticabile stagione, condita da 5 reti, fu un enorme privilegio, che ancora oggi porto nel cuore, e grazie a lui nacque il mio standard di apprezzamento del campione: tecnica, cuore e simpatia!
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