In Italia l’ordinamento sportivo e quello giuridico si sono spesso trovati a dirimere controversie che hanno creato non pochi problemi nel far comprendere dove iniziasse l’autonomia della giustizia sportiva e fino a dove potesse spingersi quella statale.

Due modi di pensare diversi, in passato, hanno avuto modo di scontrarsi sul modo di vedere l’ordinamento sportivo nei confronti di quello dello stato perché per molti non esistevano altri ordinamenti se non quello statale e quello internazionale e proprio per questo l’ordinamento sportivo faceva parte di quello nazionale e da esso doveva dipendere; questa concezione venne cambiata con l’apporto fondamentale delle opere di Santi Romano e del francese Hauriou, la concezione statalistica del diritto entrò in crisi, e si fece strada l’idea della pluralità degli ordinamenti giuridici e della effettiva utilizzabilità di tale teoria per la spiegazione del fenomeno sportivo.

Secondo Santi Romano, lo Stato non è l’unica fonte del diritto ma un ordinamento tra gli altri.

Un importante passo sull’autonomia dell’ordinamento sportivo è stato fatto con la legge 280/2003 che sancisce  un certo grado di autonomia tra i due ordinamenti, puntualizzando che l’ordinamento statale conserva  il potere di sindacare, attraverso i propri organi giurisdizionali, l’operato dell’ordinamento sportivo.
Se da una parte con la legge 280/2003 si  è riconosciuto espressamente l’autonomia dell’ordinamento sportivo, dall’altra parte essa ha delineato  i limiti di tale autonomia, con l’effetto che, se è pur vero che possiamo parlare di autonomia dello Sport, è pur vero che tale autonomia non potrà  mai andare oltre certi  limiti.

 

Maurizio Crispiniano