Importante sottolineare che prima di essere futuri calciatori, dovranno essere futuri uomini, quindi è determinante conciliare il lato calcistico con quello scolastico. Da questo punto di vista le società italiane stanno facendo notevoli progressi, prendendo esempio dalle note Academy delle squadre di Premier League, sorte verso la fine degli anni ’90 e diventate delle vere e proprie istituzioni sul territorio inglese.

Analizzando il progresso calcistico del giovane calciatore in Italia, salta subito all’occhio l’esistenza di una predilezione verso l’allenamento fisico e tattico rispetto a quello tecnico. Corrente totalmente opposta alle tecniche utilizzate in altri stati europei, come Spagna ed Olanda, dove prima di tutto vengono insegnati i fondamentali del calcio. In queste concezioni calcistiche giovanili non importa quanto il giovane sia dotato fisicamente, o quanto sia più sviluppato rispetto ai pari età, importa il modo che ha di toccare il pallone. La personalità con cui, palla tra i piedi, esso possa dimostrare il suo reale valore e i suoi effettivi margini di crescita.
La propensione al profilo fisico del giocatore in Italia la si può notare analizzando un dato decisamente curioso, l’altezza media dei giocatori scesi in campo nei vivai eccellenti di Ajax e Anderlecht negli ultimi anni non ha mai superato 1.80 cm di altezza, nel 2012 era scesa fino a 1.76 cm nella formazione Under-21 dei lancieri. In Italia invece le primavere di Juventus e Milan nel 2013 hanno messo in campo giocatori con un altezza media superiore a 1.80 cm, addirittura 1.83 per la formazione bianconera.

La tendenza nella nostra Nazione è sempre stata quella di privilegiare il risultato al bel gioco, filosofia tutto sommato corretta per quanto riguarda il calcio professionistico, ma decisamente distruttiva a livello giovanile. Vengono imposti determinati moduli tattici da seguire fin da giovanissimi, limitando l’estro e la libertà di inventiva, fondamentali per uno sviluppo calcistico del ragazzo.

La conseguenza di tutto questo è il determinare una differenza a livello tecnico decisamente evidente tra i nostri giovani calciatori e quelli delle altre nazioni, destinata a creare gap notevoli e difficilmente rimediabili in futuro.
Prima di preoccuparsi della quantità di stranieri presenti nei settori giovanili italiani, io darei più importanza su come vengono allenati i giovani italiani e sulla possibilità di un rinnovamento riguardo ai sistemi di crescita di questi ultimi.