Ad inizio settimana il presidente dell’ AIC Damiano Tommasi, nel corso del consiglio direttivo, ha denunciato che in Lega Pro ci sono oltre 900 giocatori che aspettano arretrati da società fallite per un totale di oltre 15 milioni di Euro. Questi dati, sicuramente sconcertanti, testimoniano come il “caso Parma” al centro delle cronache sportive negli ultimi mesi, sia solo la punta dell’iceberg di un movimento sempre più in crisi. Dal 2010 ad oggi infatti, sono falliti oltre 1000 club tra Lega Pro e Serie D, con più di 30.000 calciatori disoccupati da un giorno all’altro. Oltre al Parma, il calcio italiano rischia di perdere un altro club molto importante come il Monza, che vanta 38 campionati in Serie B. In questo clima di incertezza sono sempre di più i giocatori che militano in Lega Pro, che lasciano il calcio per dedicarsi ad altri mestieri, magari con contratti a tempo indeterminato. L’ultimo caso è quello di Gabriele Pini, calciatore e bandiera del Lumezzane con il contratto in scadenza a giugno, che a fine febbraio ha deciso di lasciare il calcio a 28 anni per andare a lavorare in fabbrica, ritenendo che la nuova occupazione a tempo indeterminato gli possa offrire una maggiore solidità economica e prospettive future migliori. Simone Villanova, portiere titolare del Cittadella in Serie B dal 2009 al 2011, al termine del suo contratto con la compagine veneta ha preferito diventare rappresentante di cosmetici piuttosto che trovare un nuovo accordo in Lega Pro.
Fabrizio Ferrario, fondatore e responsabile dell’Equipe Lombardia ammette che l’emergenza dei disoccupati del calcio è assolutamente da non sottovalutare: “Purtroppo se fino a 10-15 anni fa capitava che a ragazzi che militavano in D e svolgevano lavori umili fosse data la possibilità di salire in Serie A oggi questo è decisamente più improbabile. Al contrario il rischio è che ragazzi che frequentano settori giovanili importanti si ritrovino a 24-25 anni senza nulla di concreto nelle mani. Noi in questi anni, attraverso il coinvolgimento di realtà come il CSI e di personalità come Emiliano Mondonico , abbiamo provato a far capire a questi ragazzi così fragili da un punto di vista psicologico quanto sia importante allargare gli orizzonti e pensare anche a un futuro in cui il calcio non sia l’unica strada da percorrere. Dispiace dirlo ma, visto il momento economico, nelle categorie minori gireranno sempre meno soldi e per questo è importante che i giovani, oltre a inseguire i loro sacrosanti sogni calcistici, si sforzino di portare avanti i loro studi superiori o universitari. Per il resto servono nuove regole ed occorre essere inflessibile con chi trasgredisce le regole e si fa beffe di tesserati e dipendenti. Occorre rendersi conto che si è toccato il fondo e da qui si può solo risalire dandosi nuove regole e nuovi parametri”.
La sensazione è che per ripartire il calcio non debba abbandonare le realtà minori, anzi sarebbe il caso di valorizzarle e far si che diventino vetrine importanti in cui i giovani possono mettere in mostra tutte le loro capacità. Perché se sempre più giovani scelgono di abbandonare il calcio, il giocattolo preferito dagli italiani, rischia di rompersi definitivamente.
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