Ci sono campioni dimenticati, che, quando si elencano i tanti talenti del calcio italiano, vengono puntualmente dimenticati. Uno di questi è Claudio Sala, cuore granata, un vero mago, o, se preferite, il Poeta del Gol.
Claudio Sala è stato uno degli ultimi interpreti del calcio fatto di poesia e fantasia; di dribbling e di gesta atletiche mirabolanti.
Alle sue sue fughe sulla fascia sono legati i gol dei “Gemelli del gol” del Torino, Pulici e Graziani ( sì, quello di Campioni…), campione d’Italia nella stagione 1975-76.
“Fedelissimo” del Toro per le sue 11 stagioni ininterrotte dopo il debutto in A con il Napoli nel 1968- bocciato da Josè Altafini, che quella volta ci vide proprio male- , la sua capacità di eccitare la fantasia dei cinquantamila del vecchio “Comunale” lo hanno subito eletto uno dei beniamini della rumorosa Curva Maratona, quella nella quale ribolliva e furoreggiava il famoso “tremendismo granata”.
Atleta corretto e fantasioso in campo, persona squisita ed umile nella vita, Claudio Sala – ha ricevuto l’appellativo di “Poeta del gol dalla firma per eccellenza del calcio torinista, Giampaolo Ormezzano. Quando toccava la palla lui, pareva che il cuoio a scacchetti – dicevano gli Ultras del Toro – emettesse ogni volta versi suadenti, la palla disegnava parabole mirabolanti.
Inizialmente la sua collocazione è quella della classica mezzala, ove lo collocano Mondino Fabbri e Giagnoni, ruolo in cui può far valere il suo estro, ma con un raggio di azione più limitato di quello che pure potrebbe ricoprire per attitudini podistiche. Sarà però Gigi Radice a capire che in quel ruolo è sprecato, mentre sulla fascia può trasformarsi in una vera furia.
E così sarà: grazie anche a un mago del genere, il Torino vincerà il suo- per ora- ultimo scudetto.
Claudio, però, ha due grossi rimpianti:
“I rimpianti più grosso sono due: uno è non aver vinto lo scudetto l’anno dopo (stagione 1976-77), una caratteristica propria del Toro quella di riuscire a vincere uno scudetto a 45 punti e perderne uno a 50 punti. L’altro rammarico è quello di aver avuto poco spazio in Nazionale perché un po’ prima avevo davanti Rivera e Mazzola, poi, Franco Causio. Da lì sono nate le difficoltà a far sì che potessi trovare un po’ più di posto in azzurro”.
Comunque, uno dei più grandi numeri 10 del calcio italiano, che oggi ben pochi ricordano, se non i tifosi del Torino o gli addetti al lavoro più rigorosi.
Eppure, dovremmo ricordarlo sempre, uno così, perchè che cos’è il calcio, senza la poesia?
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