“Guerriero mai domo, duro nella lotta, leale nell’animo” così recitava la scritta sulla statua di cartapesta esposta alla centesima partita di Batistuta con la maglia della Fiorentina, parole azzeccate, oserei dire perfette per definire uno dei più grandi attaccanti che la storia del calcio abbia mai visto.
Gabriel Omar nasce ad Avellaneda, figlio Osmar Batistuta e di sua moglie Gloria. Il calcio non lo conquista fin da subito, il piccolo Gabriel non sembra così interessato al “pallone”. Dai 10 ai 15 anni si diletta prima nella pallavolo e poi nel basket, ma a 16 anni riceve in regalo il poster di Diego Armando Maradona e li riceve la folgorazione, il calcio diventa la sua passione e inizia a inseguire il suo sogno, quello di emulare il suo idolo.
Inizia quindi a giocare a calcio, ma è leggermente sovrappeso e si guadagna l’appellativo di “gordo”. Gabriel però non si rassegna e inizia a calcare il campetto del Bario Chapero per poi passare nelle giovanili del Platense dove ci resta per due anni. Approda successivamente ai Newell’s Old Boy’s notato dall’osservatore Jorge Griffa. Qui trova il suo primo grande allenatore, Marcelo Bielsa il Loco. Bielsa intravede le potenzialità di Batistuta e decide quindi di sottoporlo a una ferrea dieta per fargli perdere qui kili in più che condizionano le sue prestazioni, con Bielsa alla guida Batistuta perde quasi 10 kili. Nel 1989 Gabriel ha anche il primo fugace incontro con l’Italia, partecipando al Torneo di Viareggio.
Bati ha voglia di fare il grande salto e passa al River Plate. Inizialmente con Merlo in panchina gioca e segna ma dopo poco l’allenatore viene esonerato e arriva Daniel Passarella. Il neo tecnico inserisce Batistuta nelle riserve e il calciatore è costretto a cambiare squadra, ci riesce anche grazie al suo procuratore che acquista metà del suo cartellino favorendo la cessione.
Batistuta passa quindi ai rivali del Boca Juniors, coronando un suo sogno, quello di indossare la maglia della squadra che fu di Maradona. Qui Gabriel si mette alle spalle la bocciatura di Passarella e inizia a svolgere il suo ruolo, cioè quello di buttare la palla dentro. In Coppa Libertadores segna anche una doppietta al River di Passarella compiendo così la sua vendetta. Vince poi il campionato e si laurea anche capocannoniere.
Arriviamo così all’estate del 1991 e alla prima Coppa America di Bati. Il bomber del Boca non sbaglia e guida l’Argentina alla vittoria della Coppa America. Gabriel conclude la competizione con anche il titolo di capocannoniere, vinto grazie alle sei reti messe a segno.
Con questa vittoria, Batistuta si fa notare anche in Europa e approda in Italia precisamente a Firenze.
La società viola lo accoglie come un figlio ma l’inizio in Italia non è facile. Inizia la stagione con in panchina Lazaroni che viene però sostituito dopo cinque giornate da Radice, ma Bati resta una riserva con entrambi gli allenatori. La svolta però arriva il 26 febbraio, si gioca Juventus-Fiorentina partita sentitissima da entrambe le tifoserie.
Batistuta vuole conquistare Firenze ci riesce grazie al gol messo a segno contro gli acerrimi rivali bianconeri, i tifosi viola sono in visibilio. Nei giorni successivi la Gazzetta dello Sport chiede ai tifosi di inviare un fax per ringraziare il bomber e la redazione viene sommersa dai messaggi dei tifosi viola. Quel gol segna l’inizio dell’amore tra Firenze e Batistuta un amore intenso e passionale. Bati termina la prima stagione con 13 reti. La stagione successiva la Fiorentina non va, nonostante gli acquisti di Laudrup, Baiano i viola non ingranano e retrocedono in Serie B.
Batistuta segna 16 gol ed è corteggiatissimo da molte squadre, persino dal Real Madrid, ma Gabriel ama Firenze e il suo presidente Mario Cecchi Gori e non può pensare di lasciare entrambi in Serie B, resta quindi in viola e trova sulla panchina Claudio Ranieri. Prima di iniziare la stagione in Serie B però Batistuta si toglie la sua seconda gioia della carriera vincendo la seconda Coppa America.
Tornato in Italia, Batigol inizia a fare quello che gli riesce meglio e con 16 reti riporta la Fiorentina in Serie A. Il giorno della promozione il suo primo pensiero è per Mario Cecchi Gori, testimoniando così il grande affetto che li legava, scomparso pochi mesi prima per un infarto.
Batistuta vuole vincere ora e vuole farlo con la sua Fiorentina. La stagione del ritorno in Serie A inizia alla grande, nelle prime 10 gare Batigol mette a segno 11 reti superando il record che apparteneva a Pascutti. Firenze impazzisce per Gabriel e iniziano così a chiamarlo il “Re Leone” per via della sua chioma e dalla sua incredibile forza in campo. A Firenze esplode quindi la Bati-Mania e in quel 1995 viene esposta in Curva Fiesole la statua di cui vi ho accennato nell’incipit di questo articolo. La stagione di Batistuta termina con ben 26 gol siglati e il titolo di capocannoniere ma la Fiorentina non riesce a conquistare l’accesso per le Coppe.
L’anno successivo è quello del primo trofeo italiano per Batistuta, insieme a Rui Costa e guidati da Ranieri portano a casa la Coppa Italia mentre nella stagione successiva iniziano vincendo la Supercoppa Italiana con una doppietta proprio del Re Leone, primo gol con Baresi saltando in palleggio e seconda rete con una fucilata su punizione.
Nella stagione successiva la Fiorentina arriva fino alle semifinali di Coppa delle Coppe, nella gara di andata Batistuta realizza il gol del pareggio con una delle sue fucilate e zittisce il Camp Nou, ma il miracolo non riesce e nella sfida di ritorno, la Fiorentina senza Batistuta viene eliminata.
Ormai tutte le big seguono Batigol, ma il ragazzo nato ad Avellaneda ma cresciuto a Reconquista crede nella Fiorentina e continua a rimanere in viola. Arriva così la stagione 1998-99, in panchina siede Trapattoni e Batistuta ha rassicurazioni sulla voglia dei viola di centrare lo scudetto.
Il girone d’andata è fenomenale e la Fiorentina lo chiude al primo posto con Bati che sigla 17 reti in 17 partite. Nel girone di ritorno però Batistuta si fa male e Edmundo(altra stella della squadra) decide di partire lo stesso per il carnevale di Rio. Anni dopo Batistuta rivelerà di aver chiuso definitivamente il suo rapporto, già complicato con Edmundo dopo la scelta fatta dal brasiliano. La Fiorentina perdendo entrambi i suoi attaccanti non riesce a mantenere gli stessi livelli del girone d’andata e chiude il campionato al terzo posto.
Il 1999-2000 è l’ultima stagione di Batistuta con la Fiorentina, segna 23 reti in 30 partite di campionato e lascia il segno anche in Champions League e successivamente in Coppa Uefa. Il rapporto però con i viola è ormai logoro e dopo esser diventato con 152 gol il maggior marcatore in Serie A con la Fiorentina chiede a Cecchi Gori di cederlo.
Batigol ha 31 anni e vuole assolutamente vincere il campionato, in estate Cecchi Gori cede e Gabriel approda a Roma per 70 miliardi, chiudendo la sua carriera con la Fiorentina con 332 presenze e 207 gol.
A Roma Batistuta crea un ottimo feeling con Totti e nella sua prima stagione in giallorosso realizza il suo obiettivo, sigla 20 gol e risulta decisivo per la vittoria dello scudetto, il terzo per la Roma il primo per Batigol. In quella stagione sigla gol importantissimi, come quello nel derby, le doppiette a Brescia e Parma, il gol alla sua amata Fiorentina(senza esultanza e con le lacrime agli occhi) ed entra di diritto nella storia della Roma. Nella stagione successiva vince subito la supercoppa ma i problemi fisici lo tormentano e chiude la stagione con solo 6 reti siglate.
Va ai mondiali in Corea, ma non riesce ad avvicinarsi alla tanto sognata Coppa del Mondo, l’Argentina esce al primo turno e l’unica consolazione per Bati è il titolo di recordman di reti con la nazionale, 56 in 78 partite.
Tornato a Roma le cose non migliorano e ormai il Re Leone sembra alla fine della sua carriera. A metà stagione passa all’Inter con cui sigla 2 reti chiudendo così dopo 12 lunghissimi anni la sua storia in Italia.
A fine anno decide di andare in Qatar dove chiude definitivamente la sua carriera nel 2005.
Gabriel Omar Batistuta, per chi come me in quegli anni viveva la personale esplosione della passione per il calcio è stato un esempio da seguire e ammirare. La forza, la dedizione con cui ha sempre interpretato il suo ruolo in campo l’hanno reso un idolo per un’intera tifoseria(quella della Fiorentina) e non solo.
Batistuta aveva delle qualità eccelse come calciatore, era dotato di un tiro fuori dal normale. Impressionante nello stacco di testa, non aveva una tecnica eccelsa ma sopperiva con una grande forza fisica e una determinazione degna di un campione.
Gabriel Omar ha fatto sognare soprattutto i tifosi viola rimanendo fedele alla maglia anche nei momenti più bui, anche quando le più grandi squadre d’Europa lo corteggiavano. Con la sua Fiorentina ha vinto troppo poco e quando è passato in una squadra con ambizioni diverse il suo fisico era logoro ma nonostante tutto con la Roma è stato determinante nella vittoria dello scudetto.
Pochi anni fa a France Football in un’intervista fece capire a pieno il suo modo di interpretare il calcio e forse più di tutte le sue dichiarazioni, questa racchiude la vera essenza del Re Leone: “Sono rimasto lì perché volevo restare. Sono orgoglioso del fatto che tanti grandi club mi volevano, ma vincere un titolo con il Manchester United sarebbe stato facile. Ho segnato gol contro i migliori difensori in Italia, i migliori del mondo in quel momento. Avrei vinto il Pallone d’Oro se fossi stato nel Barcellona o nel Manchester, ma volevo vincere con la Fiorentina. Volevo conquistare il campionato con una piccola squadra e entrare nella storia”.
Gabriel Omar Batistuta resterà per sempre l’attaccante, il calciatore e l’uomo che ogni tifoso sognerebbe per la sua squadra.
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