Il Presidente della F.I.G.C. Carlo Tavecchio si è dimesso ieri 20 novembre 2017. Il suo mandato è stato costellato non solo da difficoltà ambientali, ma anche da forti opposizioni interne alla Federazione e tra gli addetti ai lavori, in particolare rappresentanti degli allenatori e dei calciatori. Carlo Tavecchio è una persona schietta che dice quello che pensa. È una persona vecchia maniera e genuina, forse un personaggio scomodo per un mondo sportivo legato ad interessi milionari ed artefatto.

UNICO COLPEVOLE

Il settore del calcio, invece, è ipocrita e legato all’immagine: non ha mai digerito né valutato a pieno questo dirigente a volte poco diplomatico. Oggi ci si focalizza inevitabilmente alla scelta del Commissario Tecnico Gian Piero Ventura, operata dal Presidente ed avallata dal Consiglio Federale. Sarebbe insensato, ma così nei fatti sta avvenendo, scaricare unicamente la responsabilità della mancata qualificazione ai mondiali di Russia 2018 sul massimo dirigente federale. Nessuno aveva mosso obiezioni al momento
dell’investitura di Ventura, nei fatti unico allenatore disponibile a ricoprire l’incarico dopo l’abbandono di Antonio Conte.

SCOMMESSA VENTURA

La nomina di Ventura sembrava una scommessa partita al meglio, un allenatore con tanta gavetta, proveniente dalla provincia e capace di valorizzare i giovani. Purtroppo, il tecnico genovese ha pagato l’inesperienza ad alti livelli e l’incapacità di creare un
gruppo solido, affiatato ed unico. Lo spogliatoio azzurro aveva perso irrimediabilmente fiducia nei confronti del commissario tecnico dopo la pesante sconfitta con la Selecìon spagnola. Conseguentemente, i risultati successivi a questa disfatta sono il prosieguo di una frattura ormai insanabile tra giocatori e staff tecnico. Magari sarebbe stato opportuno un cambio repentino anche se non era immaginabile da alcuno che la situazione si evolvesse fino ad arrivare ad un’esclusione dalle fasi finali dei Mondiali.

MERITI DI TAVECCHIO

Vi è da ricordare come fu sempre di Tavecchio la scelta di Conte, guida degli Europei del 2016, in cui la Nazionale espresse il più bel gioco dal 2006 a questa parte. L’Italia, eccezion fatta per gli Europei di Francia 2016, è entrata in una crisi endemica di risultati ed
ha espresso un gioco qualitativamente scadente dopo la vittoria del Mondiale del 2006. Degno di memoria fu il Mondiale del 2010, dove la Nuova Zelanda, Nazionale di terzo piano, costrinse al pareggio gli azzurri.

POCO TALENTO

Questo significa che, fondamentalmente, il sistema è viziato alla base e non è più capace di creare campioni ormai da oltre quindici anni.Carlo Tavecchio, durante la sua presidenza, ha tentato di avviare un progetto di rinnovamento cauto partendo da una ristrutturazione dell’organizzazione del sistema calcistico italiano. È stato uno dei principali fautori della creazione di seconde squadre filiali in sostituzione dell’inutile Campionato Primavera sulla falsa riga di Spagna, Germania e Francia. Se ciò non si è ancora nei fatti realizzato, bisogna addebitarlo al sistema calcistico in sé, fatto di tante componenti e tanti interessi (Società, Dirigenti, Procuratori, ecc..) tra loro intrecciati.

FLOP PRIMAVERA

Inoltre, il Presidente è da sempre stato fautore di una riduzione delle squadre in Serie A e B, per aumentarne la competitività. Ovviamente ai buoni propositi devono seguire anche fatti non solo da parte della Federazione, dai club, dagli addetti ai lavori. C’è bisogno di un radicale cambio di mentalità per migliorare. Il singolo è impotente se non è coadiuvato e supportato dalla collettività. I nostri campionati professionistici sono ogni stagione costellati da numerosissimi fallimenti societari, vuoi per una serie di mancanze a livello di management aziendale, vuoi perché in Italia si è ancora legati alla logica del “Patron/padrone” che ogni anno copre i buchi dei bilanci in rosso, senza operare una logica di pianificazione societaria seria e definita. In un mondo così globalizzato e dinamico, non basta più sapere solo di pallone per costruire un sistema solido, proficuo ed aumentare la qualità sportiva.

CONCLUSIONI

Essenzialmente l’Italia ormai ha tanti buoni giocatori, ma nessun campione di rilievo internazionale. Secondo uno degli addetti ai lavori 1 solo giovane su 30mila ottiene un contratto da professionista in Serie C, mentre 1 solo giovane su 80mila arriva a giocare in Serie A. Sono numeri bassissimi a prova del fatto che se da una parte la qualità dei vivai è medio-bassa, dall’altra non vi è volontà di
operare degli investimenti sui giovani perché essenzialmente si manovra più denaro con gli stranieri che con ragazzi nostrani. Muovendo un giocatore straniero magari con cifre milionarie sono soddisfatti gli interessi di più parti. Per i giornali, Tavecchio è stato il capro espiatorio perfetto per coprire ancora una volta i lati oscuri del calcio italiano. E tutta la polemica sollevata sull’incapacità dirigenziale di quest’uomo, dovrà essere seguita da cambiamenti radicali e migliorativi in seno al sistema. Altrimenti molte persone avranno fatto prendere aria alle proprie corde vocali per nulla.