La redazione di FootballScouting è orgogliosa di presentare la nuova rubrica “Scaglie di Grana”, scritta da Giuseppe Granara, ex capitano del Cagliari Primavera che ha scelto di approdare negli States per costruirsi un piano B tra studio e calcio grazie ad una borsa di studio che lo ha portato a studiare presso la Oral Robert University di Tulsa, Oklahoma.

Quarto appuntamento, la tematica? Il viaggio! Buona lettura!

SCAGLIE DI GRANA QUARTO EPISODIO: IL VIAGGIO!

SCAGLIE DI GRANA: SI TORNA IN AMERICA

“E’ sempre una strana sensazione lasciare casa. La famiglia è orgogliosa di sapere che parti, ma triste per lo stesso motivo. Santo Whatsapp comunque allevia, e parecchio, la nostalgia: fuso orario a parte, stare in America o stare in Veneto è praticamente lo stesso brodo dal punto di vista delle comunicazioni. Partire è come allenarsi: più volte lo fai, meno ti pesa. Mi ricordo i pianti quando son andato via di casa la prima volta due anni fa, per andare giusto oltre il Tirreno, e fa quasi ridere se penso che prima di partire per il secondo semestre, quasi due mesi fa, dopo avermi mollato in aeroporto tutti son tornati a dormire serenamente.
Magie del terzo millennio.

SCAGLIE DI GRANA: QUANTI AREREI!

Insomma, sto in aeroporto: I-Pod, libro, settimana enigmistica… mi gusto l’ultimo cornetto e cappuccio prima di tornare a strapazzare le uova alle 8 del mattino.
Cagliari-Fiumicino ormai mi fa un baffo: è come andare un attimo al supermarket a prendere la maionese per gli hamburgers.
Fiumicino-New York invece è un calvario. Uno come me sopporta a malapena stare due ore seduto al cinema anche se c’è il film più figo di sempre, immaginatevi spararmi otto ore di volo in mezzo a signore che non hanno mai viaggiato, bambini che piangono, signori mal disposti…preferirei farmi prendere a schiaffi da Mayweather.
“Cabin crew is ready for taking off”. La formula magica, come “abracadabra”, “sim sala bin”, “Capra! Capra! Capra!”. Si decolla.
Come immaginavo, un’agonia lunga 6000 chilometri. Nonostante non abbia fatto niente, sono arrivato a New York con i capelli alla Caparezza, i vestiti stropicciati, e una fame devastante.
Non basterà un mezzo panino da 15$ a sfamarmi. Rapporto quantità-prezzo comparabile all’oro, rapporto qualità-prezzo comparabile a…vabbè, mamma non vuole che scriva troppe parolacce.

SCAGLIE DI GRANA: IL FORMAGGIO DICHIARATO

Da buon viaggiatore esperto, non ho bagaglio in stiva.
A dire il vero, colpa della compagnia aerea che me lo voleva far pagare un occhio, quindi ho messo tutto schiacciato a pressione nel mio trolley, che sembra spazioso quanto la borsa di Mary Poppins.
C’è pure un chilo di formaggio, ovviamente dichiarato alla dogana a meno che non vogliate che i cani anti-droga, anti-contrabbando e anti-tutto vi mangino la valigia. E’ il mio pensiero per Peppe, amico di sempre che sta studiando a New York e mi ospita per due notti.
Il mare, la terra, le ragazze, la cultura… ma il formaggio è meglio. Il formaggio è top.

SCAGLIE DI GRANA: RELAX A MANHATTAN

Ce ne stiamo per due giorni a zonzo per Manhattan: è la mia terza volta a NYC, quindi evitiamo le robe già viste. Ci dirigiamo alla Trump Tower, che sembra un castello dorato di marmo rosa con una cascata interna i giardini pensili che osservi mentre le scale mobili ti fanno salire guadando le foto della storia della famiglia del presidente degli stati degli uniti dell’America del mondo dell’universo di sempre di Caprio del Piero di anche di domani.
(So che la frase precedente è completamente fuori dalla grazia di Dio, ma spiegare la Trump Tower non è facile.)
Tra un grattacielo e l’altro entriamo pure in alcuni pub, quelli classici alla “How I met your mother”: playoff NFL alla tv, birra a fiumi, musica di repertorio americana che tutti conoscono tranne noi, ragazzi con pancia e barba incolta che parlano con ragazze in minigonna. Un classico.

SCAGLIE DI GRANA: SALUTI ITALIANI

Rimaniamo un po’, ma tra jet lag e temperature siberiane (-18° gradi con vento, percepiti -25°) la voglia di andare a dormire è tanta, e un letto comodo fa sempre bene.
Prima dell’ultima notte in città saluto Peppe: sta arrivando Ciccio, il mio compagno di stanza all’università, italiano pure lui. Abbiamo appuntamento in un hotel di fronte a Penn Station, super famosa nel cuore di Manhattan, per dormire là e ripartire insieme all’alba del giorno dopo.
Quando arriva è mezzanotte passata, è distrutto, ma siamo usciti lo stesso a prenderci un hot dog. Ho visto pinguini col cappotto e orsi polari con l’eskimo da quanto faceva freddo.

SCAGLIE DI GRANA: FINALMENTE A TULSA

Dormiamo quattro ore scarse, ed è già ora di muoversi. Metropolitana, autobus, navetta, corsetta… insomma utilizziamo qualsiasi mezzo per arrivare all’aeroporto.
Atterriamo a Tulsa che son le 3 del pomeriggio. Ci passano a prendere le due nostre migliori amiche con la loro Saab smarmittata, che fa un casino che manco un Jumbo jet, e in 20 minuti siamo in stanza.
Casa.
Quasi”.

Giuseppe Granara