Per qualche sconosciuto motivo, i calciatori maghrebini sono sempre stati dotati di una tecnica sopraffina, prendiamo in esame i vari Djorkaeff, Ben Arfa, Mahrez e su tutti, Zidane. La peculiarità che li accomuna è di aver iniziato la propria carriera nel calcio a 5, acquisendo così una spiccata personalità che gli ha permesso di adottare uno stile di gioco spettacolare e fantasioso.

Amine Harit è cresciuto con questi idoli, nato a Pontoise , 45 km da Parigi, il giugno 1997. Uno sguardo che non lascia spazio a interpretazioni: è un berbero, proprio come Zizou, ma la famiglia è originaria di Tangeri, quindi è un marocchino. Harit è uno di quelli che in Francia sono definiti jour de banlieu, vale a dire quei calciatori cresciuti nelle periferie delle grandi città, e che durante le loro carriere portano, nel bene e nel male, i loro quartieri in campo. Amine lascia la sua cittadina a soli dodici anni per trasferirsi all’Espèrance de Paris, dove comincia a prendere vita il suo talento e a spargersi la voce del suo potenziale, tanto da giungere sulla scrivania della più grande academy del calcio Transalpino, l’INF Clairefontaine. Una più che discreta società sportiva, se pensiamo che abbia lanciato gente come Willy Gallas, Kylian Mbappè, Nicolas Anelka e un certo signore con la 14 che a Londra, sponda Gunners, ricordano con una certa simpatia.

 

Nel centro della Federcalcio Francese affina le sue qualità da centrocampista, capace di svariare su tutta la trequarti. Nonostante il fisico gracile, la sua abilità palla al piede gli garantisce il primo tesseramento in un club di Ligue 1, il Red Star FC, parallelamente alle prime convocazioni con l’under 16 della Francia. Una sola stagione per lui nel club fondato da Jules Rimet, il presidente della FIFA che ideò i Mondiali di calcio, ma è un trampolino di lancio importante nel mondo professionistico, tanto è che il Nantes deve sborsare 400.000 euro per portarlo in Bretagna.

 

Arriva a La Beaujoire nel 2016 e scala vertiginosamente ogni categoria dei canarini, riuscendo a debuttare prima squadra in agosto. Durante quest’annata si forma il giocatore Amine Harit, la corporatura resta esile, 179 cm per 66 kg, ma da notevole prova della sua abilità con la palla, riuscendo così a svariare su tutto il fronte della tre quarti. 30 presenze con i bretoni e un’estate da protagonista del calciomercato, che lo porta, per 8 milioni di euro a trasferirsi in Germania, precisamente presso Gelsenkirchen, destinazione lo Schalke 04. Domenico Tedesco comprende subito la tipologia di giovane che ha di fronte: poco sacrificio, troppi tocchi di palla e soprattutto, tutt’altro che prolifico. Un difetto che Harit si trascina dietro sin dall’europeo under 19 vinto da protagonista, dove non mise a segno alcun sigillo in dodici apparizioni. Ma l’aria della Renania sembra piacergli, e dopo un breve periodo iniziale d’integrazione, Harit dimostra una facilità nel ricoprire più ruoli, dall’ala all’interno di centrocampo, disarmante, diventando così una pedina fondamentale nei numerosi schemi tattici utilizzati dallo Schalke quest’anno. 3 gol, 7 assist e oltre 2000 minuti giocati, una maturazione impressionante sotto ogni aspetto per questo ragazzo che ha essenzialmente contribuito al secondo posto in Bundesliga dei Minatori.

Amine ha inoltre dimostrato una forte determinazione, scegliendo di rappresentate la Nazionale del Marocco a Russia 2018, nonostante le passate esperienze con i bleus. Numero 18 sulle spalle e interprete perfetto del 3-4-3 tutto fantasia schierato da Hervè Renard nella prima uscita contro l’Iran. Malgrado la sconfitta per 1-0 all’ultimo respiro, Harit ha disputato un’ottima gara da esterno sinistro nei quattro, producendo le uniche fiammate che hanno impensierito la retroguardia persiana. E’ riuscito più volte a servire i compagni liberandosi agilmente dai raddoppi effettuati su di lui, vincendo il premio di MVP della gara e disputando più di un’ora di gioco. Il Marocco ora è aggrappato ai suoi piedi.