Superlega. Negli ultimi due giorni non si parla d’altro. La dimensione del tifo è cambiata e 12 tra i club più blasonati al mondo puntano a creare una competizione tutta loro, per estendere il prodotto ed aumentare i ricavi. A farne le spese però potrebbe essere, ancora una volta, il calcio giovanile. Soprattutto in Italia, dove il sistema fatica a far emergere calciatori di prima fascia.

Superlega, all’estero è diverso

La questione è un po’ diversa se vista in un’ottica europea, dove il meccanismo delle squadre B funziona già da anni e non è raro vedere big club schierare 18enni titolari in gare internazionali (vedi Barcellona, Bayern Monaco, Borussia Dortmund). La valorizzazione dei giovani, anche da un punto di vista culturale, è differente: si dà loro più spazio e più tempo per sbagliare. In Italia invece il fenomeno delle squadre Under 23 è stato prima invocato ma poi accolto con freddezza: a distanza di tre anni, solo la Juventus ha investito in una seconda formazione, riuscendo a portare soltanto quest’anno qualche elemento in prima squadra (dopo il covid, con i conti in rosso, un allenatore emergente ed una stagione che si preannunciava essere di transizione). La burocrazia non aiuta: tra regole Under e premi, le squadre semiprofessionistiche o dilettantiste sono portate a schierare giocatori in base alla carta d’identità e secondo precisi tasselli, nella speranza di migliorare le casse e senza guardare realmente alla qualità. L’arrivo di questo nuovo format di calcio elitario non può fare altro che peggiorare le cose.

Superlega: le big non valorizzeranno più i giovanissimi

Visionare un giovane, farlo giocare in Primavera, mandarlo in prestito, valorizzarlo, riportarlo alla base, provare ad inserirlo in prima squadra: fatta eccezione per i fenomeni precoci, un buon giovane ha bisogno di tempo (e di costi) per maturare. L’enorme disponibilità economica che potrebbe arrivare dalla Superlega per le big, potrebbe portare queste ad investire direttamente su giocatori già formati piuttosto che impiegare anni e risorse nella speranza che qualche giovanissimo emerga. Le formazioni Primavera o squadre B, piuttosto, resteranno utili unicamente come strumento per piazzare, quando necessario, qualche plusvalenza qua e là per rimettere a posto i bilanci. Le minori entrate per le piccole (ad oggi si ipotizza anche l’esclusione dalla Serie A delle “tre sorelle strisciate”) non farà altro che peggiorare la situazione legata agli investimenti nei campionati giovanili, a cui finirebbero per essere sottratte, negli anni, sempre più risorse. A queste, per salvarsi o salire di categoria, non resterà che affidarsi a giocatori di esperienza e quindi in là con gli anni, rimasti a buon mercato. Tra pochi soldi, culturale di fondo sbagliata e burocrazia avversa, i giovani rischiano di trovare sempre meno spazio. La Superlega, per quanto si prospetta, potrebbe essere l’ultima tappa per affossare definitivamente il calcio giovanile italiano.