Il calciomercato invernale, definito «di riparazione», ha l’obiettivo di individuare i profili giusti per rinforzare una rosa, ma per farlo è necessario lavorare tutto l’anno. Le nuove forze in gioco – fondi d’investimento privati e sovrani, miliardari asiatici, sceicchi e magnati vari – hanno reso questo mercato ancor più competitivo, il cartellino dei calciatori di prima fascia è, quasi sempre, inarrivabile per i club della nostra serie A, per cui il sistema di addestramento e di selezione dei talenti calcistici dovrebbe essere centrale anche in Italia.
Abbiamo voluto appurare, quindi, come si è evoluto, a partire dalla novità tecnologiche dell’era digitale, lo scouting delle società di calcio italiane, intervistando numerosi «addetti ai lavori» che si sono resi disponibili a rispondere a una griglia di domande che mirava a esplorare tutti gli aspetti del settore: criteri e strumenti di osservazione e selezione, attori e ruoli, formazione professionale e opportunità lavorative.
La stessa FIGC ha puntato sullo sviluppo di una rete di scouting a beneficio di tutte le rappresentative nazionali, dai giovanissimi alla nazionale maggiore.
L’attività di scouting, del resto, può rappresentare un asset per creare valore. Di fronte alle spese folli del calcio business, per molte società professionistiche la priorità, ormai, non è il risultato sportivo, ma la maturazione di talenti da cui ricavare plusvalore. Si pensi al blasonatissimo Ajax o alla nuova academy Red Bull; qui in Italia, società come Atalanta, Udinese o Empoli (lo furono anche l’Avellino o il Palermo) sono sempre state una fucina di talenti da rivendere a prezzi più che triplicati a Juve, Milan, Inter e agli altri club europici di primissimo livello.

Lo scouting sempre più a distanza

Bisogna, dunque, partire dalla grande rivoluzione tecnologica che ha ristrutturato il settore a livello mondiale e che è, per gran parte, «made in Italy».
Gli esperimenti sono stati numerosi, in pochi hanno avuto successo. All’inizio si è provato con le autocandidature (in realtà, ancora oggi, qualcuno tenta di farne un’attività redditizia), con lo sviluppo di piattaforme in cui calciatori, di qualsiasi età e categoria, potevano caricare video autoprodotti delle proprie performance. Preistoria al confronto di ciò che hanno costruito, esattamente vent’anni fa, tre ragazzi squattrinati di Chiavari – che ormai conoscono tutti – cimentandosi nell’applicazione delle nuove tecnologie connettive e di video-trasmissione nel mondo del calcio, per l’osservazione di calciatori. Dalle videocassette in cui erano registrate le prestazioni di calciatori proposte agli addetti ai lavori, sono passati rapidamente all’implementazione di una piattaforma di videostreaming, Wyscout, che permette di guardare in differita partite da tutto il mondo, incluse quelle delle categorie minori e giovanili, e, quindi, di visionare e selezionare players di qualsiasi realtà calcistica. In pochi anni, Wyscout è diventata imprescindibile per i club calcistici, tanto che il suo utilizzo si è diffuso in tutto il pianeta e i suoi servizi sono stati acquistati recentemente dalla statunitense Hudl, company leader nell’analisi degli eventi sportivi.

I vantaggi di piattaforme come Wyscout sono evidenti ed immediati. Un’atleta, sì, conviene sempre osservarlo dal vivo, ma, intanto, uno strumento come Wyscout consente una scrematura tra milioni di calciatori nel mondo e, cioè, un enorme risparmio di viaggi, di carburante, di pernottamenti e di tempo. Si può arrivare a sostenere che questi strumenti abbiano «democratizzato» il mondo del pallone almeno per ciò che concerne l’attività di scouting, rendendola molto più agevole, a livello di costi, soprattutto ai club delle categorie inferiori. 

La rivoluzione tecnologica

Le evoluzioni di Wyscout continuano ad incrementare il risparmio di tempo dei suoi utilizzatori, il che significa riuscire a guardare ogni settimana sempre più partite in remoto, con un impegno di tempo e di energie mentali quasi immutato. La velocità di trasmissione di una partita, infatti, può essere aumentata, si possono selezionare alcuni specifici eventi all’interno di un match, ma, soprattutto, si può seguire per tutta la durata di un incontro il giocatore che si deve analizzare come se si avesse una telecamera puntata su di lui per tutti i novanti minuti (e passa) di gioco.
Come ci hanno raccontato gli utenti della piattaforma, all’interno di un match, oltre che a selezionare precisi eventi (tag: calci piazzati, tackle, respinte, dribbling, assist, colpi di testa vincenti, ecc.), è possibile, ad esempio, scorrere velocemente fasi di gioco che non interessano per concentrarsi sugli esiti di tutti i cross effettuati da un giocatore che si muove sulla fascia del campo.

Le infrastrutture per la videoripresa si stanno progressivamente alleggerendo ed è ipotizzabile che anche le società più piccole, tra pochi anni, saranno in grado di videoregistrare a bassi costi allenamenti e partite delle proprie squadre.

Come fare scouting

Nel frattempo, dato che non è (ancora) possibile installare telecamere in tutti i campetti d’Italia e del pianeta, e resterà impossibile monitorare tutti gli eventi calcistici di qualsiasi categoria d’età a livello mondiale, è immutata l’importanza del networking che genera segnalazioni quotidianamente. Cioè, scout territoriali, academy, società satellite, referenti locali di fiducia, direttori sportivi che lavorano in più società e offrono «soffiate» a club di livelli più alti.  L’Atalanta, ad esempio, vanta circa 80 scuole calcio affiliate sparse in tutta Italia.
Per i club, inoltre, le selezioni operate dalle Federcalcio di ogni Paese per la composizione delle proprie rappresentative nazionali, possono rivelarsi una prima importante scrematura nell’attività di ricerca di (giovani) calciatori.

Quello dello scout è un duro mestiere e, come vedremo, riservato (ancora) a pochi. Del resto, nel nostro Paese, solo un bambino sui 5000/6000 che giocano a pallone (sono stati pubblicati diversi studi e statistiche al riguardo) è destinato a diventare un calciatore professionista, per cui è inevitabile che la carriera di ogni osservatore di calcio sia costellata di errori e di previsioni disattese. Gli strumenti da affinare sono differenti, a seconda, soprattutto, del target di riferimento. Un conto è seguire giocatori già formati, tutt’altra storia è monitorare i giovanissimi. Come rimarca Filippo Galli, il fiuto consiste nell’«individuare le potenzialità, oltre la prestazione sul campo. Un ragazzo può giocare benissimo, perché già “fisicato”, ma potrebbe nascondere ulteriori margini di miglioramento. Viceversa, con altri giovanissimi si deve magari avere la pazienza di aspettare la maturazione fisica e atletica». «Quando, invece, si tratta di selezionare e proporre giocatori già formati – continua Galli – è indispensabile conoscere lo stile e la “cultura” che contraddistinguono storicamente un club e le tipologie di gioco adottate dai coach delle varie categorie di quel club».
Anche per Riccardo Guffanti, guru dello scouting nostrano, selezionare giovanissimi, da una parte, e chi è già pronto per una prima squadra, dall’altra, sono due mestieri differenti: «solo pochi riescono a vedere in prospettiva, anche perchè a 12/13 anni un ragazzo si deve ancora formare sia a livello strutturale che comportamentale».
Grazie a Wyscout e InStat, Guffanti analizza almeno due partite al giorno, un’attività non certo stressante per uno che, nei tanti anni all’Udinese, ha valutato le prestazioni di migliaia di calciatori registrate sui nastri vhs. Il sistema di scouting dell’Udinese è ancora oggi, non solo sul panorama italiano, uno dei migliori esempi di continuo avanzamento tecnologico (a cui, non a caso, la federazione giapponese, di recente, ha richiesto una consulenza per la ricerca di portieri). Famosa è la sala di analisi video in cui venivano trasmesse le partite di qualsiasi campionato italiano ed estero, allestita ancor prima dell’esplosione del digitale (e di Wyscout).
Per Andrea Ritorni, scopritore di Michael Kayode, è fondamentale la rete (di contatti) che fornisce costantemente feedback e segnalazioni da verificare con l’osservazione diretta sul campo.
Rino D’Agnelli consiglia sempre «di vedere il “prospetto” almeno tre volte in gara e un paio di volte in allenamento. Se i riscontri sono buoni, si passa a un provino».
Non di rado, ci si siede sugli spalti per visionare un certo giocatore, ma, nel corso del match, se ne scopre un altro ancora più interessante.
L’avvocato Christian Marianiello, specializzato nell’osservazione delle categorie «under», è per uno scouting «settoriale e specifico, che intervenga laddove la “territorialità” non abbia fornito risultati soddisfacenti. Io sono per privilegiare la valorizzazione del territorio e l’emergere dei talenti regionali; solo in caso di scarsità di precise caratteristiche, attitudini e propensioni, il raggio di ricerca deve essere ampliato».
In base alla sua esperienza, Gabriele Cioffi propone un altro approccio: «per quel che mi riguarda, in questo settore non esistono regole rigide. Le segnalazioni possono arrivare da agenti, direttori sportivi e scout. Successivamente, grazie a strumenti come Wyscout, si opera un’analisi approfondita dei profili suggeriti. Per i giovani e giovanissimi che non appaiono su Wyscout, bisogna muoversi e raggiungerli sui campi». Sempre per esperienza diretta, Cioffi ritiene che l’attività di scouting in Inghilterra abbia raggiunto un livello di professionalizzazione più elevato: «si pesca molto nelle categorie minori. Io stesso mi sono attivato per far rientrare nel giro calciatori di indubbio talento che, per vari motivi, si erano un pò persi o che non erano stati più considerati dai club di prima fascia». Un modus operandi che stanno adottando anche alcuni club di Serie A, in primis Empoli e Udinese.
Per tutti gli intervistati, una struttura interna di scouting rappresenta certamente un asset e dovrebbero sostenerla almeno tutte le big del football. Per alcune società, come l’Udinese, che non possono vantare disponibilità finanziarie pari a quelle che dominano il calcio mondiale, è l’asset principale da cui ottenere vantaggi competitivi. 

Quanto pesano i dati

Riguardo alla misurazione quantitativa delle performance, tutti gli scout tendono a rimarcare che la valutazione di un calciatore è imprescindibile dall’osservazione diretta nel contesto di una o più partite. Opinione diffusa è che big data e statistiche servano per lo più a operare una prima scrematura dei profili e a confermare caratteristiche e attitudini già rivelate dall’osservazione a bordo campo o in streaming.

Secondo Adriano Bacconi, il primo data scientist del calcio italiano, questo approccio non è aggiornato alle nuove (enormi) potenzialità dell’analisi dei dati che ricorre alla telemetria, a software raffinatissimi e alla predittività dell’intelligenza artificiale (IA), in modo da offrire anche valutazioni qualitative e oggettive.
Il tracciamento dettagliato e completo dei comportamenti e dei posizionamenti di un qualsiasi giocatore è in grado, infatti, di fornire indicazioni oggettive: le relazione finali dei match disputati dal giocatore analizzato possono indicare, ad esempio, una tendenza a una condotta difensiva o (fin troppo) prudente, oppure, all’opposto, a uno slancio costante verso il rischio, testificato dal numero di tentativi di verticalizzazione, di smarcamento, di smarcare un compagno, di agire in contropiede, di ribaltamento dell’azione, di guadagnare metri, di crossare, di cambiare versante di gioco, di eseguire un passaggio di lunga gittata, di provare la giocata meno scontata, ecc.
Per un procuratore o un agente, inoltre, può rivelarsi più efficace trattare con un club presentando report attestanti l’adattabilità del calciatore rappresentato al modulo di riferimento dell’allenatore della prima squadra di quel club, rispetto al far visionare, come di solito avviene, gli highlights del suo assistito.  
La solita obiezione è che questi tipi di misurazione non siano, comunque, in grado di far emergere, di cogliere il talento puro, come quello di un «fantasista» che, pur assentandosi per lunghi tratti in un match ufficiale, con una sola mossa, magari all’ultimo secondo, rovescia a favore della sua squadra l’esito di un match.
Bacconi ricorda che, ai tempi di Brescia, aveva senso misurare anche il talento purissimo di Roberto Baggio: «più erano i palloni persi o mal indirizzati da Roberto, maggiore era la probabilità che Roberto risultasse, alla fine, decisivo. Nel caso di Baggio, infatti, quei dati apparentemente negativi indicavano che il giocatore, comunque, era dentro la partita, provava e riprovava, cercava il guizzo, si sforzava di trovare la giocata importante, si preparava a cambiare la partita, anche negli ultimi minuti».
Per Bacconi, prima di tutto, bisogna mettersi d’accordo su cosa sia il «talento» – anche perché multifaccia – su cosa si cerchi in un calciatore. «Il Salisburgo – dell’universo RedBull -, ad esempio, punta prioritariamente sull’aggressività. Questa è la qualità principale che viene ricercata già nei pulcini. Al contrario, la maggior parte delle squadre spagnole, in quella fascia d’età, apprezza principalmente l’intelligenza tattica, la velocità di pensiero; il carattere e la fisicità si potranno formare col tempo. Ecco, se si ha chiaro, in partenza, il tipo di talento da individuare, si possono implementare griglie di test davvero efficaci nel valutare, oltre all’osservazione diretta, quanto il piccolo atleta si discosti dai parametri prefissati di massima resa».

È indubbio, comunque, che alcune categorie di dati, specie nel calcio, acquistano un senso solo se contestualizzati, onde evitare valutazioni affrettate, superficiali e, dunque, fuorvianti.
In più, se nel calcio di un tempo, la formazione personale era quasi considerata un intralcio allo sviluppo del talento, oggi la prospettiva si sta rovesciando. Viene tenuto in considerazione anche il «fuori dal campo» di un giovane calciatore («scuola, passioni, famiglia, tempo libero» specifica l’avvocato Maraniello), il suo stile di vita, addirittura, e, quindi, il suo equilibrio mentale e comportamentale, anche in relazione alla capacità di stare in gruppo di lavoro con regole e gerarchie strutturate da rispettare quotidianamente. La storia del calcio mondiale è piena, infatti, di talenti inesplosi a causa di fragilità caratteriali e di talenti che, pur diventando milionari, sono stati delle «meteore» o hanno sfruttato solo in parte il proprio (enorme) potenziale.

App, big data, tech wearable, IA

Ciò precisato, si può concludere che la misurazione scientifica delle prestazioni sportive sta diventando un grande business. Oltre ai gestionali di supporto all’attività di scouting e di match analysis, proliferano ormai app e piattaforme che raccolgono ed elaborano dati relativi a match, prestazioni di squadra e del singolo. Spesso con il supporto dispositivi indossati dagli stessi atleti, come quello dell’Italiana TalentPLAYERS che si attacca alla caviglia del calciatore e che, grazie a sistemi algoritmici e a sensori inerziali, senza la necessità di ricorrere a GPS o un collegamento wi-fi, permette di ottenere report basati su oltre 50 parametri. Tecnologia che il presidente del Napoli De Laurentis vorrebbe addirittura utilizzare già in partite ufficiali.
In questo mercato, sono numerosi i prodotti e i servizi «made in Italy» che stanno ottenendo un buon riscontro. Una delle ultime novità è K-Fans, un corpetto basato sull’IA, da indossare sopra o sotto la maglia di gioco, già sperimentato da alcuni calciatori di fama, che andrà ad alimentare un database mondiale di informazioni chiave di calciatori di qualsiasi età e di ogni angolo del mondo, a beneficio del lavoro di scout e di agenti.
La milanese Wallabies, invece, punta a una semplificazione dei processi offrendo un motore di ricerca da cui estrarre un indice di prestazione di qualsiasi calciatore sul mercato, frutto della sintesi dello storico dei dati e delle statistiche delle performance.
Di origine spagnola è Driblab, i cui prodotti e servizi sono utilizzati anche dall’Udinese.
Il futuro è apertissimo grazie all’innovazione tecnologica sempre più rapida, al ricorso all’intelligenza artificiale, all’utilizzo di apparecchiature raffinatissime come microtelecamere, digitalcam e droni.

Diventare un osservatore di calciatori

Sulle precise competenze che deve sviluppare un osservatore calcistico, su cosa deve saper vedere e prevedere, si potrebbero scrivere libri. Anzi, di guide e manuali importanti ne sono già stati pubblicati, negli ultimi vent’anni; alcuni sono a firma degli esperti che abbiamo coinvolto in questa ricerca. Non possiamo far altro, quindi, che rimandare alla sezione, a chiusura della nostra ricerca, in cui sono presentati insieme ad altre risorse che riteniamo utili all’approfondimento della materia trattata.

Entrare nel mondo del calcio, diventare osservatore di calcio sono sogni molto diffusi nel nostro Paese al punto che si può tranquillamente sostenere che l’«offerta» superi la «domanda». A parte un percorso formativo debitamente certificato, ciò che può fare la differenza – sostengono molti degli intervistati – è lo sviluppo e il consolidamento di un network di contatti.
In ogni caso, non ci si deve illudere di guadagnarsi una stabilità (contrattuale) in questo settore (almeno fino a quando non si godrà di un’ottima reputazione): le collaborazioni sono precarie, subordinate ai risultati ottenuti, le proposte contrattuali sono a breve scadenza, spesso bisogna «rassegnarsi» ad aprire una partita Iva, come coloro che collaborano con procuratori e agenzie di intermediazione.
Uno di questi è Fabrizio Fanfoni, del team Raiola, che ammette di operare in un mondo un pò chiuso, il cui accesso è favorito da reti di conoscenze, legami di amicizia e di parentela. Lui, in settimana, grazie a Wyscout, divora decine di match, di qualsiasi campionato nazionale, mentre nel weekend non ha perso l’abitudine di girare i campi del Lazio alla ricerca di giovanissimi talenti.
Se si è ostinati a fare questo tipo di lavoro, anche quando non si è sotto contratto, come sottolinea Danilo Pagni, «è vitale continuare a guardare partite e osservare giocatori, scambiare segnalazioni con i propri collaboratori, ogni giorno. Non si deve stare ad aspettare la chiamata di un club; anzi, sarebbe meglio presentarsi a manager e direttori con proposte convincenti».
Antonio Capaldi è, comunque, convinto che «passione, entusiasmo e, soprattutto, competenze, prima o poi, otterranno il giusto riconoscimento».
Ne sa qualcosa, Vincenzo Marchetta, lunga gavetta, in giro per il mondo, fino ad approdare al lanciatissimo Pafos, club cipriota acquistato da un ambizioso magnate russo. Vincenzo ci racconta di essere partito, come tanti, da un corso di formazione; ha imparato a usare Wyscout, specialmente per seguire le squadre giovanili (notando i giovanissimi Haaland e Kvaratskhelia), ha avuto un’importante esperienza in Olanda, ha ottenuto il diploma di osservatore con il corso ufficiale della FIGC ed oggi collabora stabilmente con il Pafos che lo paga a relazione. La sua attività di scrematura dei profili è al 90% in remoto.
In base alla propria esperienza, consiglia agli aspiranti scout di provare ad aprirsi una strada all’estero «dove lo scouting è più professionalizzato, meno influenzato da procuratori e nepotismo». Anche per lui è fondamentale il networking: «ancora oggi uso Linkedin per espandere la mia rete; il contatto diretto con gli addetti ai lavori ha aumentato le possibilità che le mie “relazioni di prova” fossero visionate».

Tra professionismo e dilettantismo

Come accennato, anche (e soprattutto?) in questo mondo il clientelismo è diffuso. Il giovanissimo scout Matteo Rinaldi lamenta che «in serie D ci si imbatte in società che hanno in rosa diversi giocatori gestiti dallo stesso procuratore».
Il rischio è quello di lavorare gratis o, addirittura, in perdita – accettando, cioè, di andare a seguire, a proprie spese, giovanissimi calciatori nei campetti di periferia – senza che l’ambizione di professionalizzarsi nell’attività di scouting sia soddisfatta. Non a caso, ancora oggi, per giovani e anziani, vedere partite, monitorare calciatori e inviare segnalazioni si configura come una seconda (terza) attività, se non come un hobby. «Pochi hanno la fortuna di riuscire a mantenersi esclusivamente con l’attività da osservatore» precisa Giorgio Manica, responsabile scouting del settore giovanile del Trento 1921.
Il problema principale è l’importanza che il sistema calcistico italiano attribuisce all’attività di scouting. Secondo Rino D’Agnelli «solo da poco tempo – rispetto ad altri Paesi – abbiamo capito che l’attività di scouting non è un costo, bensì un valore aggiunto». Anche per Andrea Colombino «il lavoro dello scout non è valorizzato come in altre realtà nazionali. Da noi ci si affida troppo ai procuratori che hanno competenze e interessi ben differenti da quello di un osservatore».

Giuliano Antonicelli, uno degli artefici della ricostruzione del settore giovanile del Bari nell’«era De Laurentiis», è convinto che gli investimenti siano ancora insufficienti: «Si parla tanto, si fanno congressi, denunce giornalistiche, specie quando la Nazionale maggiore non ottiene i risultati sperati, ma si fatica a smuovere le acque; la Federazione è molto in ritardo nell’avviamento di percorsi di professionalizzazione di figure che dovrebbero essere centrali nell’organigramma di una società calcistica. È difficile poi emergere se non hai un cognome pesante; il sistema è chiuso, con barriere d’accesso a giovani sicuramente più affamati e motivati di ex calciatori e di ex allenatori che hanno già accumulato fortune». Sulla stessa linea Rino D’Agnelli, convinto, comunque, che le possibilità per emergere ci siano, anche partendo da zero: «sì, se non si è stati calciatori nel passato, si fatica il doppio a trovare un lavoro nel management calcistico. Ma molti ex calciatori continuano a combinare disastri, per cui bisogna crederci, cioè studiare tanto, fare esperienze e guardare partite in continuazione!».
L’Udinese ha organizzato una sorta di concorso (gratuito) intitolato «Scopri lo scout che è in te» aperto a qualsiasi aspirante osservatore di calcio. Durante il contest, 150 giovani candidati, selezionati tra centinaia di richieste, hanno redatto un report su alcuni giocatori visionati in un match proiettato all’interno della Dacia Arena e sono stati giudicati dai responsabili dello scouting dell’Udinese in base ai report prodotti: qualche «perfetto sconosciuto», a breve, potrebbe quindi iniziare a collaborare con l’area scouting dell’Udinese!

Il business della formazione

A proposito di formazione – lo abbiamo anticipato – esiste un corso ufficiale della Federcalcio per ottenere il patentino da «osservatore calcistico», aperto a tutti, anche a chi non hai mai giocato ad alti livelli o non ha «padri e padrini» in questo mondo. Semmai, la barriera di ingresso è il costo d’iscrizione: € 2000 più il soggiorno a Coverciano, dato che si tratta di alcune giornate di formazione consecutive. Per chi arriva da fuori, quindi, si deve preventivare un investimento di circa 3000 euro.
Sull’utilità del percorso, il giudizio di tutti i nostri intervistati è tutto sommato positivo. Sia ben chiaro, ricevere il diploma della FIGC non apre chissà quali porte, ma le giornate a Coverciano possono rivelarsi utili per sviluppare una rete di contatti importanti e confrontarsi con i massimi esperti del settore.
Il corso della FIGC non è, però, l’unico. La formazione è il business del presente e del futuro e, come nel campo delle arti e delle lettere, anche per i mestieri del calcio è ormai strabordante l’offerta di corsi in rapporto alla reale richiesta del mercato.
Alcuni corsi o master («ovviamente» non accreditati da una struttura universitaria) costano addirittura il doppio di quello organizzato dalla FIGC! Non di rado, le credenziali degli organizzatori sono ridicole, come miseri sono i curriculum vitae dei relatori.

Stefano Perna, vantando una robusta esperienza nel mondo del calcio (anche) come osservatore, è stato uno dei primi a pubblicare libri sullo scouting calcistico. L’approdo del suo lungo viaggio è The Scouting App che, oltre a fungere da gestionale e profilatore, ha sviluppato un dipartimento studi in grado di offrire percorsi formativi dedicati ai vari aspetti dello scouting sia a chi già lavora nel calcio, sia a chi vuole provare a entrarci. Chiarendo, però, da subito che «in questo settore non esiste il “posto fisso”. Le proprie fortune si creano con il networking e nei nostri corsi forniamo gli strumenti per svilupparlo, i suggerimenti per approcciare al meglio, provare a “vendersi” a una società professionistica, sfruttando anche i contatti che io e miei collaboratori abbiamo consolidato nel tempo».

Pure Edoardo Pedemonte – che ha fatto dello scouting un lavoro a tempo pieno anche grazie a Scoutit! – ammette che «la richiesta di ingresso nel circo del pallone, nelle vesti di osservatore, è decisamente elevata; per cui chi, come me, offre percorsi formativi per lo sviluppo di competenze necessarie a questo tipo di lavoro, dovrebbe stare attento a non alimentare illusioni».

IL KIT DI STRUMENTI E RISORSE UTILI ALL’ASPIRANTE OSSERVATORE DI CALCIO

Piattaforme per il videoscouting

Gestionali

Formazione

Corsi

Libri e dispense

Credits

Questa ricerca è stata portata a termine grazie al fondamentale contributo dei seguenti intervistati (in ordine alfabetico):

  • Enrico Maria Amore
    Lunga carriera come calciatore e come talent scout. È l’ideatore di LFScouting.
  • Giuliano Antonicelli
    Uno degli artefici della ricostruzione del settore giovanile del Bari del nuovo corso sotto la proprietà De Laurentiis.
  • Adriano Bacconi
    Il data scientist italiano dello sport professionistico.
  • Antonio Capaldi
    Giovanissimo scout e match analyst. L’esperienza più recente in serie B, nel ruolo di head scouting.
  • Gabriele Cioffi
    Ex calciatore, ora allenatore con importanti esperienze internazionali, specialmente in Inghilterra. Nella nostra Serie A, ha allenato Udinese e Verona.
  • Andrea Colombino
    Laureato alla Bocconi, è attualmente direttore sportivo della Torres 1903, militante in serie C, e head scouting di Footurelab.
  • Rino D’Agnelli
    Lunga esperienza come scout e direttore sportivo, dal 2023 è all’AVC Vogherese (serie D) nel ruolo di DS.
  • Giorgio D’Anna
    Decano del calcio italiano, ha ricoperto diversi ruoli in società piemontesi di prima fascia (come Juventus, Pro Vercelli, Novara e Alessandria): osservatore, responsabile del settore giovanile, direttore generale, direttore sportivo.
  • Fabrizio Fanfoni
    Si occupa di scouting nel Team Raiola.
  • Filippo Galli
    Una vita nel mondo del calcio (e del Milan), prima da atleta e poi da direttore tecnico, ha fondato il fortunato blog «La complessità del calcio» ed è impegnato nella diffusione di metodologie innovative per l’allenamento e la strategia nelle discipline sportive.
  • Riccardo Guffanti
    Uno dei principali riferimenti dello scouting italiano.
  • Marco Lanna
    Ex difensore ed ex presidente della Sampdoria.
  • Giorgio Manica
    È responsabile scouting del settore giovanile dell’ A.C. Trento 1921. Già osservatore per la P&P del noto procuratore Federico Pastorello.
  • Vincenzo Marchetta
    Esperienza decennale tra Parma (scout nazionale e internazionale), Triestina (supervisore scouting estero), l’olandese Emmen (video scout) e, dal 2023, Pafos (scout esterno), club cipriota che, dopo la vittoria in coppa nazionale, ha centrato una storica qualificazione in Conference League.
  • Christian Maraniello
    Ha lavorato come scout internazionale per la Roma e attualmente ricopre il ruolo di coordinatore scout della nazionale giovanile Svizzera (dall’U15 all’U21), oltre che di unico referente scout dell’under 15 e dell’under 16; collabora, inoltre, con la piattaforma di scouting internazionale «World Football Scouting», all’interno della quale pubblica dettagliati report tecnici dei giovani calciatori di più ampia prospettiva dell’intero panorama internazionale.
  • Danilo Pagni
    Diverse collaborazioni nello scouting, ma anche uno dei primi ad alimentare la letteratura di settore con la pubblicazione di dispense open free.
  • Edoardo Pedemonte
    Osservatore calcistico e fondatore di Scoutit.
  • Stefano Perna
    Dopo una lunga esperienza manageriale nel mondo del calcio, anche come osservatore, ha fondato The App Scouting. I primi libri sullo scouting calcistico portano la sua firma.
  • Roberto Ragonese
    Già project manager in Wyscout, è alla guida della startup dedicata allo sport tech TalentPLAYERS.
  • Matteo Rinaldi
    Ancora giovanissimo, sta provando, con tanta fatica e tanti sacrifici, a lanciarsi nello scouting. La sua testimonianza è stata preziosa per comprendere in che cosa consiste la «gavetta» in questo settore.
  • Andrea Ritorni
    Uno dei più affermati talent scout del calcio italiano.

Questa opera è concessa in licenza CC BY-SA 4.0© 2 di Gaetano Farina