di Xhulio Zeneli
Per decenni, il numero 10 ha rappresentato la fantasia, l’arte, l’ispirazione. Da Diego Armando Maradona a Zinedine Zidane, passando per Roberto Baggio, Rui Costa e Juan Román Riquelme, il trequartista era la figura sacra che cuciva il gioco tra centrocampo e attacco. Tuttavia, con il passare degli anni e il cambiamento delle esigenze tattiche, quel ruolo romantico si è trasformato, adattandosi alle nuove richieste del calcio moderno.
Dal genio libero al giocatore ibrido
Nel calcio degli anni ’80 e ’90, il numero 10 godeva di grande libertà. Gli allenatori costruivano le squadre attorno a lui, permettendogli di evitare la fase difensiva e concentrarsi sulla creazione. Era il fulcro tecnico, il cervello offensivo.
Con l’avvento del pressing organizzato, della transizione veloce e di una maggiore intensità atletica, il ruolo ha subito una decostruzione. Le squadre non potevano più permettersi di avere un uomo “libero” in campo. Così, il numero 10 ha dovuto evolversi.
La trasformazione tattica
Molti trequartisti hanno iniziato a scalare in posizione o a cambiare funzione:
- Alcuni si sono abbassati diventando registi avanzati o mezzali offensive (es. Kevin De Bruyne, Christian Eriksen)
- Altri si sono adattati al ruolo di falsi nove (vedi Lionel Messi nel Barcellona di Guardiola)
- Altri ancora si sono spostati sulle fasce, evolvendosi in esterni creativi (come Bernardo Silva o Paulo Dybala)
La posizione del classico trequartista dietro le punte è oggi spesso occupata da giocatori che coniugano visione e intensità, in grado di coprire grandi porzioni di campo, pressare, inserirsi e segnare. L’intelligenza tattica ha preso il posto del talento puro.
Il numero 10 nel calcio contemporaneo
Nel calcio contemporaneo, il numero 10 esiste ancora, ma ha assunto connotazioni diverse. Non è più il giocatore “libero” che si limita a toccare il pallone solo nei momenti decisivi. Oggi, è un giocatore totale, che partecipa alle due fasi di gioco.
Esempi attuali includono:
- Jamal Musiala (Bayern Monaco): parte spesso da sinistra, ma interpreta il ruolo di rifinitore moderno, associando dribbling e inserimenti.
- Martin Ødegaard (Arsenal): è un 10 che lavora instancabilmente anche in pressing, fondamentale nell’organizzazione del gioco.
- Florian Wirtz (Liverpool): incarna il nuovo trequartista dinamico, rapido, letale nell’uno contro uno ma anche disciplinato tatticamente.
- Jude Bellingham (Real Madrid): pur partendo come mezzala, ha giocato a lungo da incursore dietro la punta, con numeri da attaccante puro.
L’influenza degli allenatori e dei moduli
Il cambiamento del numero 10 è fortemente legato alla rivoluzione degli allenatori moderni. Allenatori come Guardiola, Klopp, Tuchel e Nagelsmann hanno portato a un calcio sempre più verticale, fluido e fisico. Il modulo 4-2-3-1, che per anni ha protetto il trequartista, è stato spesso rimpiazzato da sistemi più compatti come il 4-3-3 o il 3-4-2-1, dove la responsabilità è più collettiva.
In questi sistemi, non c’è spazio per un giocatore che non sappia difendere, correre, adattarsi. Il numero 10 oggi è spesso chiamato a essere “uno in più” in fase di non possesso, e non più “uno in meno”.
Declino o rinascita?
È sbagliato parlare di estinzione del numero 10. Più correttamente, si tratta di una metamorfosi. Il giocatore creativo esiste ancora, ma è integrato in una macchina più complessa. Non è più il re incontrastato, ma un ingranaggio prezioso.
La vera sfida, oggi, per i giovani talenti creativi è saper coniugare l’estro con la struttura tattica. Solo chi sa adattarsi riesce a emergere ad alti livelli. Chi rimane ancorato al romanticismo del 10 “vecchia scuola” rischia l’emarginazione tattica.
Conclusione
Il ruolo del trequartista ha subito una trasformazione profonda, figlia dell’evoluzione del calcio stesso. Da artista ispirato è diventato un atleta completo. Ma proprio in questa trasformazione risiede la bellezza del calcio moderno: saper fondere talento e tattica, estetica e struttura. Il numero 10 non è morto. È semplicemente rinato in nuove forme.
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