Pol Muñoz Milà, difensore spagnolo classe 2004, ha raccontato in esclusiva a Football Scouting la sua esperienza al Nardò e le tappe del suo percorso calcistico, che lo ha visto passare dalla prestigiosa cantera del Barcellona alla vittoria del campionato Primavera con il Lecce, fino all’approdo nella Serie D italiana.

Come sta andando la tua esperienza al Nardò?

Sono davvero sorpreso in modo positivo. Fin dal primo momento sono stato accolto calorosamente, sia dallo staff che dai compagni, e questo mi ha fatto sentire subito parte della squadra. L’ambiente a Nardò è fantastico, con persone che dimostrano grande passione per il calcio. Dal punto di vista sportivo, questa esperienza mi sta arricchendo molto: giocare e vedere la squadra crescere insieme è stimolante. Sono molto contento di essere qui e sono grato per l’opportunità di far parte di questo gruppo.

Quali sono, secondo te, le potenzialità di questa squadra?

Credo che questa squadra abbia un potenziale enorme e possa competere con chiunque. Il girone H è uno dei più difficili e competitivi, con squadre molto attrezzate e di grande tradizione, ma sono convinto che il Nardò non abbia nulla da invidiare a nessuna di esse. Stiamo dimostrando partita dopo partita di poter tenere testa a ogni avversario, grazie alla nostra qualità e alla nostra compattezza. La stagione è lunga e sappiamo che dovremo lottare su ogni campo, ma daremo battaglia fino alla fine per raggiungere i migliori risultati possibili e puntare in alto in classifica.

Com’è stato l’impatto con la Serie D e come valuti il livello di questa categoria?

L’impatto con la Serie D è stato significativo. La differenza rispetto alla Primavera si sente subito, soprattutto per l’intensità fisica, l’esperienza e l’organizzazione tattica. In Primavera, anche se il livello è alto, ci si confronta principalmente con coetanei, mentre in Serie D ci sono giocatori più maturi, alcuni dei quali hanno esperienza in Serie B e persino in Serie A.

Sei cresciuto nella cantera del Barcellona e sei diventato campione d’Italia con la Primavera del Lecce. Quali differenze hai notato tra il settore giovanile italiano e quello spagnolo?

Ho notato che ci sono differenze significative tra i due approcci. In Italia, il lavoro è molto orientato sulla preparazione fisica e sulla tattica: c’è molta attenzione alla disciplina difensiva, alla struttura di gioco e alla solidità atletica. In Spagna, invece, ci si concentra maggiormente su tecnica e palleggio, puntando sul possesso palla e sulla creatività individuale. Penso che entrambe le filosofie siano fondamentali, e poter crescere con due scuole calcistiche così diverse mi ha aiutato a diventare un giocatore più completo

Puoi raccontarci il tuo percorso nella cantera del Barcellona?

Sono arrivato al Barcellona a 11 anni e ci sono rimasto fino ai 18, attraversando tutte le categorie fino all’Under 19. Ogni categoria ha rappresentato una tappa fondamentale per il mio sviluppo, in cui ho potuto migliorare vari aspetti del mio gioco. Dalla tecnica individuale alla tattica di squadra, fino alla mentalità vincente, ogni fase è stata pensata per prepararti al calcio professionistico. Allenarsi a La Masia significa confrontarsi quotidianamente con una cultura calcistica che punta all’eccellenza e ti sprona a dare sempre il massimo. Sono molto grato e soddisfatto di tutto ciò che mi hanno insegnato; l’ambiente è molto competitivo e stimolante, e ti permette di crescere non solo come giocatore, ma anche come persona. Ho avuto la fortuna di giocare con talenti eccezionali, come Gavi, che spiccano per tecnica e intensità. Giocare con lui è stato un grande stimolo: devi esprimerti sempre al 100% per reggere il suo ritmo e il suo livello, e questo mi ha spinto a migliorare costantemente.

A quale calciatore ti ispiri?

Non mi sono mai ispirato a un solo giocatore, ma ho sempre ammirato molto Dani Alves per come sfruttava le sue qualità e per la carriera che ha avuto.

Per un giovane calciatore, dopo il percorso in Primavera, la Serie D è una scelta consigliabile?

Sì, lo consiglierei senza dubbio. Dopo l’esperienza nel settore giovanile, la Serie D rappresenta un’opportunità fondamentale per continuare a crescere sia dal punto di vista tecnico che personale. In Serie D, un giovane calciatore ha la possibilità di misurarsi con giocatori più esperti e con una mentalità più competitiva, che porta a sviluppare una maggiore resilienza e capacità di adattamento. Inoltre, il passaggio ai campionati più importanti introduce a ritmi di gioco più intensi e a contesti in cui l’aspetto fisico e la rapidità decisionale diventano cruciali.

Cosa è successo nella tua carriera dopo l’esperienza al Lecce?

Dopo la vittoria dello Scudetto non è andata come speravo e sono arrivato a gennaio che ero fuori rosa e con il mercato chiuso. Ho quindi cercato una soluzione in Spagna, vicino a casa, per non rimanere fermo e tornare a giocare. Non è stato un periodo bellissimo, passare da un trionfo a non vedere il campo.

Ti aspettavi di vincere lo Scudetto?

Se devo essere sincero, all’inizio no, non me lo aspettavo, soprattutto a livello di nomi. Ma dopo un po’ di tempo con la squadra, ho capito che avevamo giocatori di alto livello, capaci di vincere contro chiunque. Eravamo un gruppo compatto con calciatori di qualità come Dorgu o Burnete.

Quali sono i tuoi obiettivi di carriera?

I miei obiettivi sono sempre stati quelli di arrivare in Serie A o in uno dei Top 5 campionati europei, come credo sogni ogni bambino che ama il calcio. Allo stesso tempo, mi pongo anche traguardi a breve termine, che mi danno motivazione e piccole soddisfazioni quotidiane, alimentando la voglia di crescere. Con i miei compagni, l’obiettivo è portare il Nardò il più in alto possibile e regalare tante gioie ai nostri splendidi tifosi, che ci sostengono con passione ogni domenica.