ITALIA U20 U21 / Sensazioni e aspirazioni erano più che positive. Si attendeva il calcio d’inizio di quest’estate, che pareva essere quella del ritorno dell’Italia ai vertici delle competizioni giovanili. Tra Mondiale Under 20 ed Europeo Under 21 ci si aspettava una gran bella figura in termini di risultato, per il talento nelle rispettive rose, punto sul quale torneremo a breve.

MONDIALE UNDER 20

Eppure la storia recente aveva sorriso all’Italia in questo torneo, dato il cammino in Corea del Sud nel 2017, terminato con un terzo posto ottenuto ai danni dell’Uruguay. La rosa di Evani conteneva Mandragora, Orsolini, Plizzari e altri giovani che hanno avuto e avranno modo di mettersi in mostra. Si arriva a quest’edizione forti della consapevolezza che Pinamonti, Pellegrini, Scamacca e gli altri Azzurrini potessero fare grandi cose, ed è stato qui che forse si è creato un danno più che un vantaggio. Parliamo di ragazzi molto giovani, nella maggior parte dei casi alla prima esperienza in campo internazionale, scesi in campo con quella che, partita come tensione positiva, è diventata ansia di centrare la vittoria. E si sa, non tutti riescono a gestire determinate emozioni. La squadra di Nicolato non ha però demeritato quando chiamata in causa, mostrando personalità in determinate occasioni e buone individualità. La coralità della manovra è, a detta di chi scrive, forse venuta a mancare, con uno spartito tattico che troppo spesso si è affidato al lancio lungo per i due centravanti e alle seconde palle, senza riuscire ad essere padroni del campo. Le difficoltà non sono mancate, ad esempio contro l’Ecuador (con gli avversari in inferiorità numerica) oppure nel match fatale contro l’Ucraina, dove il VAR ha penalizzato gli Azzurri, graziati però poco prima dalla traversa colpita dagli avversari. Un gioco a somma zero quello degli episodi che, come spesso nel calcio, si equilibrano. La delusione era tanta, a partire dai calciatori terminando per il pubblico, ma perché far passare in secondo piano la prospettiva di questa squadra, facendo prevalere gli eccessivi rimpianti ai sorrisi?

EUROPEO UNDER 21

Considerato il fattore casa, al quale si aggiunge un buon numero di calciatori presi in prestito dalla Nazionale maggiore, è questo forse il più grande rammarico dell’opinione pubblica. Chiesa, Barella, Pellegrini, Cutrone, Mancini, oltre ai giovanissimi Zaniolo, Tonali e Kean: una compagine così talentuosa non la si vedeva da anni, questo è impossibile negarlo. “Vincere” è stato il diktat con il quale ci si è avvicinati alla competizione, per poi scendere in campo. Premettendo che il format della manifestazione è un’arma a doppio taglio (le semifinali relativamente “accessibili” hanno come contraltare l’assurdità di poter essere eliminati con 6 punti su 9, proprio come accaduto all’Italia), il cammino degli Azzurrini si è arrestato prima di entrare nella fase cruciale, sentenziando come solo il peggior pessimista avrebbe potuto. La vittoria contro la Spagna aveva regalato una notevole gioia all’ambiente, che ha probabilmente accusato una sensazione di superiorità che si è rivelata essere deleteria contro la Polonia (Belgio asfaltato). Proprio contro i polacchi la squadra è parsa senza idee, sicura di sé nei primi minuti e confusa dopo aver subito il gol (vittoria) degli avversari. Sul banco degli imputati non poteva che finire Luigi Di Biagio, che ha rassegnato le dimissioni e lascia da quarto allenatore più longevo di sempre sulla panchina di una Nazionale giovanile (in questa speciale classifica è dietro a profili come Enzo Bearzot, Azeglio Vicini e Cesare Maldini). Molti si domandano, magari legittimamente, perché le strade non si siano separate prima, ma è razionale dare la colpa ad un singolo? Che sia l’allenatore, un calciatore o qualunque altro soggetto, la risposta non può che essere negativa. Un movimento che ora pare uscire a piccoli passi dal pozzo nel quale è sprofondato dalla vittoria del Mondiale nel 2006 in poi (anche se il tutto è cominciato prima, quando non si è afferrata la necessità di un ricambio generazionale) non può vivere di adolescenziali sbalzi d’umore e giocare al tiro al bersaglio. Di Biagio avrà le sue colpe, ma non è l’unico responsabile. Con lui cammina a braccetto la perenne ed esagerata stima dei talenti italiani, condannati ad essere eredi della generazione d’oro degli anni ’90-2000 del nostro calcio, senza permesso di errore o flessione.

Perché condannare questi ragazzi alla vittoria? Perché ragionare esclusivamente (è ciò che è stato fatto) sulla base di un successo ottenuto o mancato, quando sul rettangolo verde ci sono ragazzi con poco più o poco meno di 20 anni e che, dopo tanto tempo, pare stiano permettendo al cielo di tornare azzurro, dopo anni di nuvoloso? La vera vittoria è che l’Italia potrebbe tornare ad avere qualcosa da offrire oltre la storia, ma nessuno deve permettersi di accelerare i tempi, perché la fretta è cattiva consigliera.