La redazione di FootballScouting ha intervistato in esclusiva Danilo Castellano, osservatore del Torino Calcio che vanta nel suo curriculum altre esperienze importanti nell’ambito del professionismo. Ecco il contenuto dell’intervista:

“L’organizzazione del Torino in questo ambito è pressoché perfetta: io lavoro sul territorio calabrese e mi occupo di quei giocatori nati tra il 2001 ed il 2005. Organizziamo una serie di raduni di partite 11 contro 11 (2001 vs 2002, 2003 vs 2004 con i 2005 che giocano contro i 2005) durante le quali osserviamo da vicino ogni singolo giocatore. Successivamente facciamo una scrematura al termine della quale diamo i nostri risultati a Marco Rizzieri, capo-scouting a livello nazionale del Torino. Starà a lui scegliere quali giocatori risultano idonei ad approdare in granata, ma prima è necessario un periodo di prova in Piemonte”.

Quali sono stati gli ultimi risultati conseguiti?
Abbiamo fatto due raduni molto importanti nei mesi scorsi: il primo il 2 novembre 2017 a Lamezia Terme mentre il secondo il 15 (per i 2001 e 2002) e 16 (per i ragazzi dai 2003 ai 2005) febbraio di quest’anno. E’ sempre una bella esperienza per noi e per i singoli ragazzi che danno l’anima per provare ad inseguire il loro sogno. Poi, ovviamente, non tutti lo concretizzano ma è giusto dare loro un’opportunità di mettersi in mostra. La decisione finale, come detto, spetta al capo-scouting che coordina il lavoro fatto sul campo.

Passando al Torino, qual è il giocatore delle giovanili che secondo te può fare più strada?
Ci sono tanti giocatori bravi ma, in linea di massima, sono squadre equilibrate, nelle quali i valori dei singoli si livellano. Qui si fa il tifo, ovviamente per tutti, ma in particolare per Gabriele Aita, esterno alto del 2002 che gioca nell’Under 16. E’ un motivo di grande orgoglio in quanto il ragazzo è cresciuto qui ed è approdato al Torino dopo aver giocato nel Real Cosenza. Ripeto, siamo orgogliosi di aver fatto crescere e aver dato un’opportunità ad un talento calabrese. A livelli più alti mi piace molto Barreca ma anche Edera così come Mantovani che ora è in Serie B alla Salernitana. Hanno tutti possibilità di far bene in futuro, hanno ottimi margini di miglioramento. E poi c’è Longo che sta facendo benissimo a Frosinone, quello che ha fatto al Torino Primavera è sotto gli occhi di tutti. Lo vedrei bene per l’Under 21 come ipotesi per il futuro.

Tu hai avuto esperienze a livello professionistico prima del Torino: ti aspettavi un’organizzazione di questo tipo?
Sinceramente no, devo fare i complimenti al Torino perché l’organizzazione è esemplare. C’è un’attenzione e partecipazione anche nel singolo dettaglio che altrove non si trova. A me piace molto lavorare sul campo e al Torino ho tutto per fare il mio lavoro nel migliore dei modi. In altre società la situazione è diversa ma qui le condizioni per fare bene ci sono, l’area scouting è molto dettagliata e ciò facilita tutto il nostro lavoro. Inoltre viene trasmessa anche l’idea che il 2001, seppur già 16/17enne, rappresenta un elemento da osservare perché può capitare che un talento esploda più tardi di un altro. Insomma, la cura maniacale al dettaglio è una dote di poche squadre. E il Torino ce l’ha. In più anche a livello comunicativo sono strutturati in maniera importante e danno risalto anche a chi lavora ‘dietro le quinte’ visto che uscirà più avanti una nostra intervista a Torino Channel.

Quale consiglio si sente di dare ad un aspirante osservatore?
Anzitutto vorrei sfatare un mito: non è obbligatorio essere un ex giocatore per fare l’osservatore o l’allenatore. Bisogna avere passione, tanta passione. E’ fondamentale amare il calcio ma, per il mio caso e nell’ambito in cui lavoro, si deve amare il calcio giovanile. Bisogna avere pazienza e non giudicare a primo impatto un ragazzino che può stupire o deludere in una/due o tre gare. Non è facile ma bisogna essere certi prima di proporre un calciatore ad una squadra, che sia professionistica o dei dilettanti. Il mondo del calcio non ti permette di sbagliare, sono aziende che non hanno tempo da perdere e aspettano, giustamente, il prodotto finale. Vorrei dare un consiglio ulteriore: a me piace osservare tutto di un ragazzo, dalla postura quando calcia alla leadership fino alla tecnica. Un giocatore deve essere bravo ed eccellere rispetto al gruppo in cui lavora, senza ovviamente fare il fenomeno. Deve essere un upgrade alla squadra ‘nuova’, non è facile ma quello è in fin dei conti lo scopo ed il ruolo dell’osservatore.

Lei ha anche lavorato in Spagna: ci sono grandi differenze tra i due campionati?
Sono due mondi diversi. In Spagna si parte dalla tecnica individuale, occorre saper toccare il pallone con padronanza, testa alta, la tattica è un aspetto non dominante. In Italia contano tattica e forza fisica, la tecnica purtroppo non è più una priorità. I calciatori spagnoli apprezzano poco il tatticismo di tecnici italiani, là prevale l’istinto, devi essere libero di fare la giocata. Real Madrid e Barcellona vengono fischiati quando vincono senza giocare bene, qui in Italia conta solo il risultato. Vorrei aggiungere una cosa: in Italia, non tutti ma tante società preferiscono vincere o puntare a vincere un campionato, che sia regionale, nazionale o provinciale piuttosto che concentrarsi sulla crescita individuale del singolo. Ci deve essere una maggiore apertura mentale del sistema in generale.

Quali sono le altre realtà italiane che per te vanno menzionate?
A mio avviso meritano di essere menzionate Empoli, Virtus Entella e Cittadella, squadre che hanno progetti chiari e importanti. Ovviamente sono tante le squadre che puntano sul settore giovanile ma, a mio avviso, queste ‘piccole’ realtà sono quelle più avanti.

Qual è il giocatore al quale è più affezionato in quale modo?
Jacopo Petriccione. L’ho segnalato io al Siena quando giocava nel Cagliari. L’avevo visto più volte, mi aveva colpito e così l’ho segnalato all’allora responsabile del club che è andato a visionarlo e l’ha preso. E’ un motivo di orgoglio per me oltre che una grande soddisfazione personale.

Tu hai fatto anche il responsabile del settore giovanile: meglio fare l’osservatore?
Alla Vigor Lamezia ho fatto sì il responsabile, è un’esperienza che mi porto dentro anche perché sono stati gli ultimi anni positivi per il club. A me piace però operare sul campo, il ruolo del responsabile del settore giovanile è molto importante ma è più di controllo e meno di azione. A me piace osservare il ragazzo, carpire pregi e difetti, il responsabile deve pensare più al generale e non al particolare.