Sembrava l’ultimo a volersi arrendere l’unico a credere in una salvezza quasi impossibile, distante nove punti, ma stamattina Cagliari si è svegliata con la notizia shock delle dimissioni del suo allenatore che, dopo l’esonero di dicembre, per la seconda volta lascia la panchina dei “mori” in questa stagione. Il boemo lascia dopo il misero punto conquistato nelle cinque partite disputate dal suo ritorno, un bottino troppo povero per continuare a sperare vivamente nella salvezza.

Fanno le spese di questa stagione disastrosa una città e una squadra che da ben dieci anni non conosce la serie cadetta.

L’addio di Cellino, personaggio controverso ma che a Cagliari aveva portato dei risultati reali, e l’ingaggio in pompa magna di Zeman da parte dell’ex interista Giulini avevano caricato l’ambiente, nella speranza di rivedere nella loro squadra il Foggia dei miracoli di inizio anni ’90. Il risveglio però è stato brusco, con la sensazione che il calcio del boemo non sia ormai efficace come accadeva anni fa, e che il presidente Giulini non abbia svolto un gran lavoro in questa stagione.

Zeman lascia, un po’ per il malumore nato dopo l’aggressione dei tifosi al campo d’allenamento alla vigilia della partita con il Napoli, un po’ perché, a suo dire, la squadra non è più in grado di seguire i suoi dettami: “Io ho dato tutto me stesso – dice – ora è giusto che ognuno si prenda le sue responsabilità. Dimettendomi io faccio la mia parte, ora gli altri si assumano le proprie responsabilità“. Una presa di coscienza legittima, sebbene forse tardiva, dal momento che questa squadra è stata forgiata dal tecnico stesso, negli schemi e negli uomini, senza comunque dimenticare anche gli errori della società che non si è dimostrata all’altezza della situazione.

D’altronde anche sui social network la sfiducia verso il sessantottenne allenatore era ormai diffusa, con la schiera dei suoi sostenitori in riduzioni continua, sconfitta dopo sconfitta. Risultati che avevano innervosito l’ambiente, scatenando la poco edificante reazione, come detto, di alcuni ultras.

Siamo di fronte, dunque, all’ennesima delusione per l’allenatore ceco, che da troppi anni ormai non riesce a trovare quella continuità di risultati che potrebbe spingere un presidente ad affidargli un progetto a più lungo termine.