Ci sono storie che hanno una conclusione diversa da quella prevista, purtroppo quella dal Parma non sembra avere un capolinea differente dal fallimento.

Parma-Udinese non si gioca, per ora, e questo potrebbe essere il (calcisticamente parlando) drammatico epilogo della società ducale.

Questa storia infelice inizia con la mancata qualificazione all’Europa League, ottenuta sul campo, impraticabile per il mancato pagamento di alcune imposte.

Da questo punto tante parole, tanta frustrazione, ma pochi fatti.

Ghirardi prima vuole vendere, poi ci ripensa e, alla fine, subissato da una valanga imprecisata di debiti, lascia. Chi arriva? Doca, no lui declina dopo poche ore. Ecco l’avvocato Giordano. Chi è costui? Di sicuro non quello che ci dovrebbe mettere i soldi. E’ un rappresentante. Di chi? Di una non ben precisata cordata russo-cipriota. I tifosi capiscono che qualcosa non va. Dietro esotici nomi stranieri, infatti, si profila la non rassicurante figura dell’albanese Taçi. Si tratta di un imprenditore, con passato non proprio limpidissimo e con, alle spalle, il fallito tentativo di prendere il Bologna.

Le promesse arrivano a vagonate, il mercato di gennaio sembra essere il momento giusto per arrivare, finalmente, a fatti concreti. I nomi sono importanti: da Osvaldo a Pazzini, da Borini a Balotelli. La realtà dice, ancora una volta, altro: a gennaio si perdono giocatori, più che acquistarli. C’è chi rescinde, come Cassano e chi viene ceduto per cifre bassissime, come Pozzi. La nebbia avvolge le segrete stanze della società emiliana che cambia ancora presidente, ma Leonardi resta. Il suo compito sembra quello di garantire una continuità con il passato.

Sul seggio più alto della società, intanto, siede il giovane Kodra, uomo fidato di Taçi, ma ormai i creditori, tanti, bussano alle porte, vantando cifre paurose, tanto che Taçi fa marcia indietro e, senza essere mai stato alla guida effettiva del Parma, cede la società.

Le trattative sono frenetiche: chi mai prenderebbe un Parma sull’orlo del baratro? Giampietro Manenti. Anche lui non è nuovo alle tentate scalate nel calcio. Tutte fallite. Questo sarebbe un valido campanello d’allarme, ma la situazione è talmente tragica che ci si aggrappa un po’ a tutto e a tutti. Il glorioso Parma che dominava l’Europa a fine anni Novanta passa per la cifra di euro 1 al nuovo presidente.

I calciatori, senza stipendio da mesi, però, alzano un grido, danno l’ultimatum: il 16 febbraio devono arrivare i soldi oppure…

Oppure? Le prospettive non sembrano tante: la minaccia è la messa in mora. Il 16 febbraio arriva, i soldi no. Per l’ennesima volta si tenta di nascondere tutto dietro un dito, alludendo a conferme dall’estero non arrivate e a strani maneggi internazionali. Nel frattempo la dirigenza tranquillizza a destra e a manca, ma la fiducia verso Manenti è sotto zero. Arriveranno altre penalizzazioni in classifica (5 punti), ma questo è il problema minore perché non ci sono neanche i soldi per gli steward, figurarsi per i fornitori. Così si arriva ai giorni attuali, a Parma-Udinese che non si gioca. Si apre, invece, la partita in tribunale con la presentazione di tre istanze di fallimento.

I calciatori, guidati dal veterano Lucarelli e da mister Donadoni, dopo aver dato l’anima in campo, giocando sempre con grande dignità e rimediando anche risultati inattesi, come il punto contro la Roma, decidono di disertare gli allenamenti.

Il rischio, nonostante le rassicuranti parole dei vertici del calcio italiano, è quello di avere una lunga sfilza di 0-3 a tavolino a vantaggio di chi deve ancora affrontare i crociati, a danno di chi contro il Parma ha già giocato e, magari, perso anche punti.

Anche questo, però, non è il problema maggiore. Il rischio vero è di avere un campionato monco e falsato, mentre per il Parma si pensa e, a questo punto si spera, nel fallimento pilotato, nella speranza di ripartire dalla Serie B. Altrimenti sarà Serie D.

I segnali rassicuranti sono pochissimi. Crespo, allenatore della Primavera, ha dichiarato che mancano i fondi per le trasferte, che manca pure l’acqua calda negli spogliatoi e che se i ragazzi scendono in campo è solo grazie ai giardinieri che, nonostante tutto, fanno la manutenzione. A rimetterci saranno migliaia di tifosi indignati, ma impotenti e il calcio italiano nel suo complesso. Dove stavano le massime istituzioni calcistiche? Perché nessuno ha fatto qualcosa per evitare questo annunciato crollo? Le responsabilità sono da dividersi fra tante persone, che difficilmente ne risponderanno. Bisogna sperare che il caso Parma sia un clamoroso monito per il futuro. Perché il calcio non si basa solo sui soldi, veri o presunti, di imprenditori più o meno affidabili ma sulla passione di tanti tifosi (quelli sì, veri) che, nella realtà, sono, però, sempre l’anello debole di questo spettacolo che si chiama calcio.