Ecco l’analisi tattica di Italia-Portogallo, partita degli Europei Under 21, terminata 0-0.

Di Biagio ha preparato bene la partita: nella rifinitura di ieri mattina, si è ritenuto molto soddisfatto della risposta dei giocatori. In effetti, l’Italia ha giocato una grande partita, riuscendo a creare molto ma a non concretizzare niente, a differenza della partita con la Svezia. Il Portogallo si è schierato con un 4-3-1-2: Bernardo Silva si è posizionato nel ruolo di trequartista, ma per un tempo intero (e forse anche qualcosa in più) ha sofferto il pressing dei centrocampisti e degli esterni d’attacco italiani. Le due punte, Mané e Rafa Silva, hanno cercato maggiormente le corsie esterne, abituati a giocare in un 4-3-3, liberando così lo spazio al centro dell’area, quasi sempre vuoto. L’Italia, con un calcio d’inizio molto zemaniano, si è portata vicina al vantaggio da subito con un insidioso tiro dalla distanza di Benassi. In fase di possesso, l’Italia si è dimostrata molto tranquilla nei disimpegni, a fronte di un leggero pressing lusitano che ha costretto Bardi a rilanciare lungo con i piedi alcuni retropassaggi. In fase di non possesso, l’Italia ha aggredito alle spalle il portatore di palla, talvolta con un raddoppio: una mossa astuta, considerando le qualità di palleggio del Portogallo. Talvolta, invece, soprattutto con Berardi, l’Italia è riuscita ad anticipare il passaggio e far ripartire il contropiede: l’attaccante del Sassuolo, in particolare, è abituato a intercettare i passaggi altrui, fingendosi disinteressato per poi aggredire. Nel primo tempo, Biraghi e Zappacosta sono stati due stantuffi inesauribili sulle rispettive fasce, riuscendo ad arrivare più volte sul fondo e sfornare cross per Belotti. Contro la Svezia, invece, Sabelli era costretto a rientrare sul piede destro e crossare con una parabola a rientrare, sempre preda del portiere scandinavo o dei cartelloni pubblicitari, mentre Zappacosta, saggiamente, non ha crossato granché, a causa della superiorità di altezza dei centrali svedesi. Nonostante tutte queste peculiarità nel gioco azzurro, comunque, il Portogallo è riuscito ad avere il predominio sul possesso palla nel primo tempo: 57% a 43%. Per quanto riguarda tutte le altre statistiche, che riguardano la mera incisività in zona gol, l’Italia è stata nettamente migliore: 6 tiri a 3, 4 a 0 quelli nello specchio, 4 calci d’angolo a 2, 2 fuorigioco a 1. Un’Italia con molta sostanza, insomma, a fronte di un Portogallo poco incisivo.

Nel secondo tempo, l’Italia ha ricominciato sulla falsariga del primo tempo ma, con il passare dei minuti, ha iniziato a sentire la fatica e a perdere lucidità. Entrambe le squadre si sono allungate, ma il Portogallo ha avuto più fiato per affrontare gli ultimi frangenti del match.
Con l’ingresso di Paciencia, il Portogallo ha messo un punto di riferimento al centro dell’area, a discapito di una punta, che si è comportata però da esterno, ovvero Rafa Silva. Di Biagio, con l’inserimento di Trotta per Crisetig, ha tentato il tutto per tutto, esperimento durato solo una decina di minuti, fino all’entrata di Viviani per Belotti: questo perché il Portogallo ha inserito forze fresche ed ha persino rischiato di portare a casa tre punti, in quei 10 minuti dove l’Italia non è riuscita ad uscire dalla propria metà campo. Il centrocampo non è più riuscito a fare filtro, così il neoentrato Medeiros ha avuto molte volte l’uno contro uno con Biraghi, a sua volta stremato.
L’Italia esce da questa partita con un solo punto, ma anche con la consapevolezza di avere tutte le carte in regola per passare il turno, nonché di battere un’Inghilterra apparsa meno forte del previsto nelle ultime due uscite.