In esclusiva per Football Scouting abbiamo intervistato Vito Laudani, ex allenatore dell’Ujana, squadra congolese, che durante la scorsa edizione del Viareggio riuscì a qualificarsi alla fase ad eliminazione diretta. Con lui abbiamo parlato di quell’impresa, dell’ultima edizione del Viareggio, del periodo passato in Congo e di molto altro…

L’anno scorso ha allenato l’Ujana, squadra congolese, con la quale ha partecipato al torneo di Viareggio, riuscendo a portare la squadra alla fase ad eliminazione diretta. Che esperienza è stata per lei?

Quella del Viareggio è stata un’esperienza bellissima, ma è iniziata in Congo. Io sono stato più di due mesi in Congo per preparare la squadra e poi siamo partiti a metà febbraio e siamo giunti in provincia di Siena per continuare la preparazione. Poi a Reggio ho trovato un’atmosfera diversa da tutte le altre esperienze. E quello che abbiamo fatto durante il torneo è stato qualcosa di incredibile. Frutto del lavoro fatto in Congo, poi continuato a Reggio ma penso che la cosa più importante a parte i risultati sia stato il fatto che la mia squadra ha giocato sempre con grande intelligenza e grande umiltà. Perchè chiaramente noi giocavamo contro il Cagliari, il Milan e l’Ascoli che erano squadre molto forti, a differenza di quest’anno. Va dato merito a questi ragazzi che sono stati davvero bravi ma soprattutto sono stati bravi a capirmi. Io non parlavo il francese ma come dico sempre il calcio non ha idioma. Poi dopo perdemmo contro l’Inter ma anche perchè avevamo pochi cambi. Avevamo ragazzini classe 2000 ma non mi sono sentito di rischiarli. Poi l’Inter ha avuto un giorno in più di riposo rispetto a noi, altrimenti avremo potuto vincere anche con l’Inter. Per il primo tempo abbiamo tenuto testa ai nerazzurri, loro hanno segnato il primo gol nei minuti di recupero del primo tempo su un unico errore nostro. Ci avevano annullato anche un gol regolarissimo e abbiamo sbagliato dei gol clamorosi e loro su unico tiro da 30 metri ci hanno segnato. Poi durante il secondo tempo l’arbitro ha dato dei rigori diciamo generosi però va anche dato atto che era una grande Inter. Poi ormai sul 3 a 0 la partita era persa e non potevamo più recuperare. Però eravamo felici lo stesso. Io mi ero posto come obiettivo quello di passare il turno. Anche se all’inizio sembrava presuntuoso pensare di superare la prima fase ma io ero certo che ce l’avremo fatta. Avevamo studiato le tre squadre del girone. L’Ujana in Congo fa un campionato di Serie B però sarebbe come la nostra Eccellenza come qualità. Quindi per noi era difficile. Ho lavorato molto sulla fiducia dei ragazzi.

Invece quest’anno l’Ujana non è riuscita a fare altrettanto e passare il turno. In cosa è mancata secondo lei?

Io avevo ipotizzato prima dell’inizio del torneo che l’Ujana sarebbe arrivata ultima a zero punti. Non era una speranza ma un dato di fatto, perchè conoscendo le dinamiche e analizzando le scelte che sono state fatte era difficile fare qualcosa di più. Hanno lasciato fuori dei giocatori che non dovevano, che l’anno scorso hanno fatto la differenza. A mio avviso ci sono state delle scelte strane ma io analizzo da fuori. Ovviamente la speranza era un’altra anche perchè voglio bene ai ragazzi e per me sarebbe stato bello vederli vincere. Poi c’è stato anche il problema che sette giocatori sono scappati, anche se secondo me non ha influito molto. Il perchè te lo spiego subito. Loro sono abituati a soffrire e dunque sono abituati anche a pensare a se stessi ma non perchè sono egoisti ma perchè lì nessuno ti aiuta e sono abituati a cavarsela da soli. E nel momento in cui quei sette ragazzi hanno fatto la scelta di scappare loro l’hanno accettata. Quindi secondo me può averli turbati ma non ha influito. Mi dispiace per come è andata soprattutto per i ragazzi e il Manager Mario Conti che aveva investito tantissimo perchè loro puntavano molto sul Viareggio come hanno fatto l’anno scorso. Stanno facendo un lavoro meraviglioso in Congo. Era giusto che la sorte stesse dalla loro parte ma come si dice la sorte aiuta se tu l’aiuti. Ma l’Ujana sul territorio sta facendo qualcosa di incredibile ed è un progetto bellissimo. Io posso dire solo belle parole nonostante poi hanno fatto altre scelte e anche se io pensavo di essere riconfermato ma capisco che ognuno di noi fa le proprie scelte. Ma sarò sempre grato perchè in Congo ho imparato tantissimo, ho conosciuto tantissime brave persone ed è stata una bellissima esperienza.

Come giudica questa edizione del Viareggio?

Sinceramente questa edizione non mi è piaciuta perchè quando ho visto che hanno portato le squadre da 32 a 40 non mi è piaciuto perchè è palese il fatto che sia stato fatto solo per un discorso economico. E quando tu valuti la parte economica va a discapito sempre della qualità perchè poi hai visto i risultati: 12 a 0, 7 a 1, 6 a 0. Risultati che non hanno senso.

Quindi si è puntato più sulla quantità che sulla qualità…

Si proprio così ma la qualità ti porta soldi e su questo nessuno può dir niente. Purtroppo gli organizzatori avevano già scelto di aumentare le squadre e quindi hanno fatto la scelta della quantità. Io avrei fatto un’altra scelta ma ripeto è sempre opinabile il mio pensiero. Io il calcio lo vedo in una maniera completamente diversa. Per me la qualità in ogni aspetto è fondamentale. Ed è più importante della quantità e anche dell’aspetto economico. Molte persone pensano che la quantità porta soldi e questo è vero ma solo in parte e ti spiego perchè. Porta soldi subito e questo è vero, ma vista in prospettiva futura sarà sempre una scelta sbagliata. Perchè poi quel che fa la differenza che è proprio quello che in futuro porta i soldi, sarà sempre la qualità. Il problema è che in Italia non abbiamo pazienza di aspettare. Come ad esempio per quanto riguarda i giovani dei settori giovanili, non si ha questa pazienza in Italia purtroppo. Io ho allenato anche in Spagna e anche li non è che sia differente sinceramente. Però li sono riuscito a portare quella che era la mia metodologia e la mia filosofia, cosa che in Italia non riesco a fare perchè non trovo spazio. All’inizio anche in Spagna non è stato facile ma poi quando hanno visto i risultati mi hanno accettato ben volentieri. In Italia purtroppo ci sono troppe cose che non vanno. Ci sono troppe persone che del calcio non gliene frega niente ma vedono il calcio come una fonte di guadagno. E questo come si è detto prima va sempre nell’ambito della quantità. Si guarda solo ai propri interessi. Mi dispiace. Al Viareggio si respira un’atmosfera quasi magica che però secondo me è stata rovinata. È un fiore all’occhiello ed è un peccato portarlo a 40 squadre favorendo la quantità. Per me non ha senso ma non sono io a decidere. Io posso dare solo il mio parere. Che poi alla fine è la stessa cosa che è avvenuta al mondiale. Hanno portato le squadre ad un numero molto elevato e non ha senso. Anzi ha senso solo se guardi l’aspetto economico. Per il resto è meglio lasciar perdere.

La squadra che lo ha colpito di più in questa edizione del Viareggio?

Sinceramente io avevo anche nominato il Sassuolo, mi aspettavo molto di più dal Belgrano e dal Camioneros. La squadra che mi ha stupito è stato il Sassuolo anche se poi i neroverdi dagli ottavi alla finale hanno vinto solo ai rigori. E questo equilibrio purtroppo non è un equilibrio che guarda verso l’alto ma verso il basso. Vincere 4 partite ai rigori e vincere il torneo è sintomatico di qualcosa che secondo me non va. Anche se poi da parte del Sassuolo c’è stata qualità anche dal punto di vista mentale. Perchè vincere quattro volte ai rigori vuol dire che sei calmo e sereno. Hai grande autostima e questo vuol dire che chi ha lavorato, ha lavorato bene sotto quell’aspetto.

Quale calciatore lo ha più impressionato?

Traorè dell’Empoli. Frizzante, tecnico, rapido ed è un calciatore che comunque aiuta la squadra. Anche Scamacca, l’attaccante del Sassuolo, che poi nella finale ha anche segnato, cosa fondamentale nel calcio ma durante la partita non mi è piaciuto molto. Io guardo la partita nel complesso e non il singolo episodio. Ha fatto un gol bellissimo di testa ma più per demerito degli avversari.

Ora Vito Laudani allena una squadra di pallavolo femminile. Ci parli di questa nuova esperienza…

La squadra si chiama Volley Senago, ho portato la mia filosofia e la mia metodologia anche qui. All’inizio come al solito ho trovato delle difficoltà a far capire il mio metodo. Ma adesso anche i dirigenti hanno sposato quella che è la mia filosofia e ci stiamo preparando per l’anno prossimo. Il mio modo di lavorare e il mio progetto, che ho scritto tanti anni fa, non riguarda una scuola di calcio ma una scuola di sport. E un ragazzino che fa il mio percorso dai 6 ai 12 anni poi potrà fare qualsiasi sport. E non per forza il calcio. È una filosofia che parte dal profondo di una persona. A me non interessa il calciatore o il pallavolista. A me interessa la persona. Io lavoro sulla persona. Ognuno ha la sua personalità ed il primo obiettivo è far salire l’autostima. È inutile che tu lavori tecnicamente se poi una persona non ha autostima. Infatti poi ieri alle ragazzine di pallavolo ho proposto loro che dal 10 di aprile si inizierà l’autogestione e questo sta a significare che una ragazzina a turno sarà il Coach che preparerà il programma di lavoro e sarà lei che lo dirigerà.

L’Africa troppo spesso è un continente dimenticato… Che cosa le è rimasto di quel periodo in Congo?

Per me è sempre qualcosa di particolare perchè li hai capito, hai visto tante cose belle ma anche tante cose brutte. Ti affezioni a queste persone, a questi ragazzi. In quel periodo fui costretto anche a cancellarmi da facebook che tra l’altro era l’unica possibilità di contatto. Perchè alcuni ragazzi erano scappati e potevano pensare che io c’entrassi qualcosa con questa storia. Ancora sento qualche ragazzo e mi scrivono dicendomi sempre cose belle. Quando tu fai qualsiasi cosa, anche nel tuo lavoro di giornalista, se lo fai con amore trasmetti questo. E dunque è normale che poi anche gli altri avranno lo stesso atteggiamento nei tuoi confronti. Quei due mesi e mezzo sono stati qualcosa di speciale per me e i risultati sono stati il premio ma più per loro perchè io ho sempre detto ai ragazzi che l’Ujana non è solo un progetto sportivo ma è una speranza. Per noi vincere contro il Milan, l’Ascoli o il Cagliari era come accendere una fiammellina perchè loro non hanno le stesse opportunità che hanno i nostri ragazzi. È chiaro che per loro il Viareggio era qualcosa di fondamentale. E tenere accesa la fiammellina significava dare speranza anche agli altri. Per i ragazzi congolesi il Viareggio significa avere un’opportunità in più, anzi non in più, ma l’unica opportunità perchè non ne hanno altre. Ho puntato molto su questa cosa anche per motivarli e fare gruppo. Perchè i pericoli che puoi trovare in questi casi sono quelli che ognuno giochi per se stesso per mettersi in mostra. Invece la cosa che ha stupito un po’ tutti gli addetti ai lavori è stato il gioco collettivo ed è stato merito della capacità di creare un gruppo e questa è stata secondo me la cosa fondamentale.